Spalletti, l'ultimo samurai: è lui il vero leader del Napoli

De Laurentiis ha voluto una squadra senza primedonne

Luciano Spalletti
Luciano Spalletti
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Domenica 9 Aprile 2023, 10:20 - Ultimo agg. 10 Aprile, 09:21
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«Lottavano poco», dice l'uno che stranamente scopre la diplomazia e la delizia della parole garbate. «Pecore nere», li ha invece ribattezzati l'altro che mai e poi mai userebbe attenzioni linguistiche per dire quello che ha in mente. Eppure, a Lecce, Spalletti tira fuori una verità nascosta: questo Napoli ripulito dalle bandiere, ha trovato finalmente anche la sua benedizione. La strategia del club, magari non condivisa proprio del tutto nei primi giorni, è stata quella azzeccata. Le pecore nere di De Laurentiis sono, chiaramente, Mertens e Insigne (ma attenzione, pure Ghoulam negli ultimi tempi non gli andava molto a genio), campioni che rimasti troppo a lungo nello stesso ambiente, si era abituati a dominarlo e a domarlo. De Laurentiis ha voluto una squadra senza primedonne. Ci ha pensato Spalletti a trasformare ogni azzurro in un lottatore, in un guerriero. «Conta il grande carattere che abbiamo dimostrato con il Lecce, è quello che ci ha fatto vincere. Carattere che lo scorso anno qualche volta non c'era, ci si perdeva nella lotta». 

A Empoli, un anno fa, di questo tempi, la Caporetto che ha cambiato anche il modo di comportarsi di Spalletti. Quei fantasmi della rimonta di Empoli lo hanno inseguito a lungo, forse finalmente lo lasceranno dormire in santa pace. Tutto è compiuto. «Nella lotta si perdevano, ora no».

Ora è cambiato tutto, perché nessuno si è arreso, nessuno si è guardato allo specchio, nessuno ha contato i minuti di presenza in campo. A De Laurentiis non piaceva l'atteggiamento dei suoi big, a Spalletti non piaceva il comportamento in campo di quei pezzi di storia del Napoli. Ma li ha sempre rispettati. È stato più facile per lui lavorare nella testa di questi ragazzi, plasmarli. Lui fin dal primo giorno ha trovato terreno fertile. Una squadra di bravi ragazzi, in piedi al cospetto dello sciamano. Da qui il cammino infernale, la macchina perfetta che non ha mai smesso di recitare la sua parte: rassicurarli ogni ora (come dopo il Milan), convincerli che sono i migliori di tutti e che se lo seguiranno li porterà in finale di Champions e allo scudetto. Li ha persuasi che gli errori del passato si verificavano perché non c'era lui a vigilare sulle loro menti semplici.

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Luciano Spalletti ha capito fin da Dimaro di dover procedere per gradi e mai per salti, lavorare di psiche prima che sulla tattica, e lui stesso racconta come li ha caricati dopo il ko con il Milan. Ora prepara le parole giuste per la Champions. Le sta studiando. Nessun discorso alla nazione, per carità, ma due concetti minimi che devono far breccia: i ventidue punti di differenza in classifica non cambia il fatto che si parte da 0-0 e che se il Napoli giocherà come ha fatto fino ad adesso, passerà il turno. D'altronde, dategli un solo motivo per il quale il Napoli non possa vincere con il Milan mercoledì. Osimhen che non c'è? Ma il Napoli ha giocato partite spettacolari con Raspadori titolare e in forma. La semifinale sarebbe la ciliegina sulla torta. Perché il campionato è chiuso: un simile vantaggio in nove giornate non lo perderebbe nemmeno se si impegnasse metodicamente a farlo questo Napoli. Restano da capire il quando e il dove, e se gli azzurri inseguiranno le suggestioni che potrebbero farli festeggiare con la Fiorentina, a inizio maggio, proprio come il primo Napoli di Maradona. Ma queste sono quisquilie da tifosi, a Spalletti e alla squadra interessa principalmente aver messo da parte molti pensieri e qualche preoccupazione in modo da potersi tenere la testa libera per il Milan.

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