Udinese-Napoli, intervista a Pierpaolo Marino: «Uno scudetto che parte dalla serie C»

«Fino a quando ci sarà, De Laurentiis non vorrà far altro che tornare a vincere»

Pierpaolo Marino
Pierpaolo Marino
Giuseppe Taorminadi Pino Taormina
Mercoledì 3 Maggio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 4 Maggio, 07:16
5 Minuti di Lettura

Direttore generale il 10 maggio del 1987, direttore della ricostruzione azzurra nel settembre del 2004. Ora, scherzi del destino, Pierpaolo Marino, uno dei pilastri del calcio italiano, potrebbe assistere al ritorno dello scudetto a Napoli. 33 anni dopo. «Questo è un ciclo vincente già iniziato: perché questa è una grande squadra che siede ai tavoli dei grandi da un decennio.

Marino, verrebbe da dire: il cerchio si chiude?
«Il Napoli è reduce da una stagione trionfale: ora manca solo un tassello, ha fatto tutto quello che occorre per vincere, ovvero ha giocato bene, ha fatto sempre punti con una grande continuità. Sta per arrivare l'epilogo, magari sarà già stasera o domani da noi a Udine oppure domenica con la Fiorentina. Ma solo un dettaglio».

Certo, con la Fiorentina sarebbe il trionfo di Giambattista Vico: corsi e ricorsi...
«Già sarebbe incredibile.

Porto ancora dentro di me a distanza di 36 anni tutta quella straordinaria giornata. Come posso scordarmi la festa del San Paolo, le lacrime di chi da 60 anni inseguiva che il sogno. Eppure dentro di me ho una immagine: noi sul bus che da Soccavo ci doveva portare a Fuorigrotta bloccati nel traffico per colpa delle auto ferme in seconda e terza fila. E i tifosi che le alzavano di peso e le rimuovevano per consentirci di raggiunge lo stadio».

In Curva B domenica c'era uno striscione in omaggio di quelli che erano a Gela, Martima Franca, Sassari
«Hanno ragione. Giocatori e tifosi meritano a distanza di anni un applausi. Il vecchio Napoli Soccer che andava a giocare su campi impensabili per la storia del club fino a quel momento. Per arrivare a Gela impiegammo tre ore da Catania... ma dopo tre anni eravamo a giocarci la Coppa Uefa con il Benfica a Lisbona».

Sembra, adesso, quasi preistoria.
«Ora tutti fanno la fila per indossare la maglia azzurra, ma io invece incassavo i no di Floccari, Di Natale, Huntelaar. Modric, Arnautovic. Nessuno voleva scendere in serie B o in serie C. Altri neppure voleva mettere in discussione la cessione dei diritti di immagine su cui De Laurentiis faceva una questione di principio. E devo dire che aveva ragione».

Tornare a Napoli dopo lo scudetto, ricominciando dalla serie C
«Fu difficile l'impatto: iniziammo la stagione alla terza giornata, con Rimini e Avellino che avevano 9 punti, avevamo allestito la squadra con gli esuberi degli altri club, senza fare la preparazione e infatti mi ricordo che praticamente dopo poco di fece male Pozzi»

La domanda fatta mille volte: e De Laurentiis?
«Confessò candidamente che l'unica partita che aveva visto era stata una finale di Champions. Credo che quegli anni siano stati una scuola straordinaria anche per lui. Ma ho l'impressione che abbia poi imparato bene e alla svelta da solo».

Lei andò via quasi sul più bello?
«Avevo appena firmato altri cinque anni di contratto, ma ebbi una discussione con lui dopo un Inter-Napoli. Più forte di me, non potevo più restare...».

Avrebbe vinto prima il Napoli lo scudetto se fosse rimasto?
«Questo è un bell'interrogativo che mi faccio anche io e a cui non so dare risposta. Il dubbio ce l'ho. La squadra che avevo costruito io, l'anno dopo, con Cavani, arrivò seconda. Diciamo che avrei avuto altre cinque chance. Non sono mai stato presuntuoso, ma l'anno de primo scudetto vincemmo dopo una campagna acquisti con giocatori presi da Triestina, Avellino e così via».

De Laurentiis dice che lo scudetto degli onesti?
«Se lo ha detto De Laurentiis, lo spieghi De Laurentiis. Io mi ricordo nel 1998 l'Udinese arrivò terza con un bel po' di errori arbitrali e a Mediaset a fine campionato fecero un servizio in cui uscì fuori che avremmo vinto noi lo scudetto senza quegli errori. E titolarono: lo scudetto degli onesti».

Vero che Spalletti poteva venire al Napoli già prima?
«L'estate del 2010, il presidente non voleva tenere Donadoni, lo contattai, ma lui aveva già ricevuto l'offerta dallo Zenit».

Più difficile questo scudetto o il primo?
«Non ce ne voglia nessuno, ma quel Napoli di Maradona si confrontava con la Roma di Falcao, la Juve di Platini, l'Inter di Rummenigge. Le grandi hanno fatto continui harakiri quest'anno, non c'è mai stata un'anti Napoli».

Può iniziare un nuovo ciclo?
«Ma è già un ciclo vincente. La continuità di questo Napoli l'ha fatto diventare una grande squadra e una grande squadra è quella che fa come il Napoli: sempre tra i primi cinque posti in Italia da 12 anni. Il Napoli una volta viveva di cicli effimeri, brevissimi, una piccola squadra che raramente si sedeva al tavolo delle grandi».

Il suo più grande orgoglio?
«La nascita del centro tecnico a Castel Volturno: una mia intuizione. Ero stanco di campi senza acqua calda dove far allenare i ragazzi a Marano e Varcaturo, intravidi le torri di alcuni riflettori, pensa fossero uno stadio invece erano un galoppatoio di Cristoforo Coppola. Gli parlai, mi disse che ci avrebbe messo tre mesi a fare cinque campi di calcio. E così andò».

Passeranno altri 33 anni per il prossimo scudetto?
«Non credo proprio: il rendimento alto è garantito da De Laurentiis. Fino a quando ci sarà, non vorrà far altro che tornare a vincere». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA