Caserta: «Varie malattie pregresse
il virus così è stato letale al vescovo»

Caserta: «Varie malattie pregresse il virus così è stato letale al vescovo»
di Ornella Mincione
Lunedì 5 Ottobre 2020, 12:44
4 Minuti di Lettura

«Era iperteso, cardiopatico, con sindrome metabolica ed altre patologie che il Covid ha aggravato. Il suo decesso è stato per un arresto cardiaco non per il peggioramento dell'infezione». A spiegarlo è il professor Paolo Maggi, responsabile del reparto di Malattie Infettive trasformato dalla direzione dell'azienda ospedaliera Sant'Anna e San Sebastiano in reparto Covid. Ed è proprio qui che si è spento il vescovo di Caserta Giovanni D'Alise, ricoverato da lunedì scorso.

LEGGI ANCHE Covid, morto il vescovo di Caserta: era stato ricoverato quattro giorni fa

«Sua Eccellenza è arrivato qui, dopo dieci giorni di febbre alta, con tutte le patologie di cui era già affetto - spiega il primario del reparto di Malattie infettive -. Soltanto negli ultimi momenti ha avuto bisogno di maggiore ossigenazione. Non è stato mai necessario prendere in considerazione l'ipotesi di una intubazione: le funzioni respiratorie sono state sempre sufficienti e controllate. Sua Eccellenza, infatti, è deceduto per un arresto cardiaco». Notizie che sono confermate anche dall'azienda ospedaliera diretta da Gaetano Gubitosa in un comunicato diramato ieri mattina in cui si legge: «Sua Eccellenza, ricoverato presso questa aorn dal 30 settembre per infezione da Sars Cov 2, a causa di un arresto cardiocircolatorio, è venuto a mancare nella mattinata odierna alle ore 06.30.
 

Video


Il quadro clinico era aggravato da insufficienza renale, diabete mellito, cardiopatia ipertensiva e dislipidemia. I protocolli terapeutici previsti per la malattia sono stati tutti applicati. È stato altresì trattato con il nuovo farmaco antivirale Remdesivir. Le sue condizioni cliniche erano stazionarie. Il paziente è stato monitorato costantemente. Alle ore 6.00 si è verificato l'arresto cardiaco e alle ore 6.30, dopo le manovre di rianimazione cardiopolmonare, veniva constatato il decesso».
Il vescovo D'Alise «aveva una polmonite sotto controllo. Con le sue patologie, però, presentava il classico profilo ad altissimo rischio Covid», spiega il responsabile del reparto Maggi. D'Alise è arrivato al Pronto Soccorso dell'ospedale provinciale con febbre e tosse: «aveva la febbre alta da dieci giorni e oltre la tosse una lieve dispnea - continua il dirigente medico -. Ha avuto bisogno di una modica quantità di ossigeno che è stata aumentata negli ultimi momenti».
Certo è che «la storia clinica di Sua Eccellenza dovrebbe essere spunto di riflessione, perchè come persona anziana, ultrasettantenne, e con diverse patologie in corso prima dell'infezione Covid, D'Alise rappresenta quella popolazione vulnerabile e più fragile di cui doversi preoccupare per il Coronavirus», commenta Maggi, che continua: «i comportamenti rispettosi delle norme di sicurezza devono essere assunti da tutti, specialmente dai più giovani i quali non rischiano di fatto contraendo l'infezione ma possono contagiare a persone vulnerabili, con patologie importanti e con una età avanzata».
Nei giorni scorsi sembrava che il quadro clinico di monsignor D'Alise fosse alquanto tranquillo: cosa confermata dal primario del reparto di Malattie Infettive Maggi che ha parlato di un quadro clinico monitorato e sereno, senza bisogno di misure eccezionali per il monitoraggio.
LA FEBBRE
Certo, la febbre alta degli ultimi 10 giorni avrebbe potuto far sospettare qualcosa in più di una semplice influenza stagionale. Fatto sta che in genere con tosse e febbre non alta non viene previsto il ricovero e il più delle volte viene consigliato di restare a casa. Probabilmente le condizioni del vescovo presentavano un peggioramento giorno per giorno, fino ad arrivare a quella lieve dispnea che ha portato a pensare al Covid. L'infezione è stata mantenuta sotto controllo così come tutti i sintomi correlati. Il Covid però è stato l'agente scatenante del peggioramento di tutte le altre patologie di cui era affetto il vescovo.
«E' probabile che Sua Eccellenza sia stato contagiato mentre svolgeva la sua attività pastorale - commenta ancora il professor Maggi -, fatto sta che i più giovani devono comprendere quanto sia importante adottare le misure necessarie per contenere il contagio nella quotidianità. La trasmissione può essere letale per chi è un soggetto fragile e con una età avanzata». Non bisogna dimenticare che, a fine lockdown, è stato proprio il vescovo a promuovere con forza le misure anti Cov spronando i fedeli all'uso della mascherina e al distanziamento e al rispetto di tutte le norme sanitarie.
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA