Si fingono marines e truffano donne sole,
il business della mafia nera a Castel Volturno

Si fingono marines e truffano donne sole, il business della mafia nera a Castel Volturno
di Mary Liguori
Martedì 27 Aprile 2021, 15:42 - Ultimo agg. 21:49
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«Sono un marine americano dislocato in Italia». È questo uno dei «biglietti da visita» dei giovani nigeriani al soldo della mafia nera per truffare donne sole contattate via social. Quella delle truffe «romantiche» è solo una delle branche del business centralizzato gestito in tutta Europa e negli Stati Uniti dai Black Axe, una delle articolazioni più potenti e radicate al mondo della mafia nigeriana. Organizzati per forum, uno in ogni città, avevano il proprio vertice a L’Aquila dove, grazie all’indagine della locale squadra mobile coordinata dal vicequestore Marco Mastrangelo, è stato arrestato il «capo» italiano di tutti i forum del Paese. E, con lui, sono finiti in manette i due referenti campani dei Black Axe, residenti a Castel Volturno e Villa di Briano, più un terzo soggetto domiciliato a Casapesenna mentre è ancora irreperibile un quarto indagato. Insieme ad altre ventisei persone, arrestate nelle province di Roma, Rieti, Bari, Caserta, Napoli, Reggio Emilia, Parma, Modena, Catania, Genova, Messina, Potenza e Terni, erano parte di un cartello dedito a reati di «ultima generazione», dalle truffe telematiche legate all’e-commerce fino al corteggiamento interessato di donne sole e facoltose adescate sui social. Non c’è violenza, non c’è la tratta di esseri umani (principali attività della mafia nera) tra i cento capi d’imputazione firmati dal gip de L’Aquila. Il nuovo dictat dei Back Axe è evitare qualsiasi sovraesposizione e i reati «classici», così come la violenza o lo scontro con la criminalità italiana, attirano la polizia e, come è noto, questo non fa bene agli «affari».

Ma come hanno fatto, gli indagati, identificati attraverso i soprannomi, Titus, il capo nazionale, e poi Obe, Lucas, Big Shop, Koko, per citarne i «principali», a farsi consegnare somme ingenti da donne conosciute solo virtualmente? Secondo quanto ricostruito dalla Procura abruzzese, in Nigeria ragazzini dotati di scassatissimi pc e flebile linea interne inviano migliaia di richieste di amicizia utilizzando profili fittizi con foto di avvenenti giovani di colore. Non appena una delle vittime accetta la richiesta, la «pratica» passa a un nigeriano in grado di scrivere nella lingua della vittima. Inglese, francese, spagnolo, italiano: l’organizzazione ha a disposizione finti «innamorati» per ogni idioma. A quel punto, il nigeriano si spaccia per un soldato americano dislocato in una base Nato d’Europa o per uno studente fuori sede. Per mesi scrive alla vittima fingendosi innamorato finché, carpita la sua fiducia, le chiede un bonifico. Diversi gli escamotage usati: «Non riesco ad accedere al mio conto, mi fai un prestito?», oppure «Mio figlio sta male, devo pagargli le cure, ti prego aiutami». Da poche centinaia di euro fino a 30mila euro. I soldi sono arrivati da Giappone, Usa, Belgio, transitati sulle carte di credito degli affiliati residenti in Europa per approdare, infine, in Nigeria.

Cybercrime, dunque, dalle frodi informatiche, veicolate da fondi ottenuti in maniera illecita, una serie di operazioni di riciclaggio in beni mobilie immobili in Nigeria. L’inchiesta «Hello Bross», coordinata dalla Dda dell’Aquila che ha portato all’arresto di 30 affiliati ai Black Axe, presenti in 14 province italiane, con base operativa nel capoluogo abruzzese. Una particolare forma di truffa informatica consisteva nell’acquisto di bitcoin con i quali venivano poi comprate, nel mercato del darknet, le carte di credito clonate utilizzate per l’acquisto di beni e servizi sui siti e-commerce. Altri 25 nigeriani sono poi indagati a piede libero. All’Aquila viveva il 35enne a capo dell’organizzazione che in due anni e mezzo di attività ha commesso frodi per un milione di euro.

Il procuratore Michele Renzo ha parlato di «evoluzione» della mafia nera, aggiungendo che «in un momento in cui ci si interroga tanto sulla presenza degli stranieri in Italia la prima cosa che dobbiamo tenere presente è che non c’è integrazione senza regole».

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