Lello Marangio, Per favore non toccatemi i disabili: «Andare a Lourdes non serve a niente»

«Non tutte le ciambelle riescono col buco. Per anni la cosa che mi ha angosciato non era il fatto di essere disabile, ma di essere una cazzo di ciambella senza buco»

Lello Marangio
Lello Marangio
di Ugo Cundari
Giovedì 4 Gennaio 2024, 12:00
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Nato in una famiglia di dieci figli, tutti sani tranne lui, ammette: «Non tutte le ciambelle riescono col buco. Per anni la cosa che mi ha angosciato non era il fatto di essere disabile, ma di essere una cazzo di ciambella senza buco». A pensarci, «nel 1959, quando sono nato c'era una possibilità ogni cinquantamila di fare 13 al totocalcio e io non l'ho mai fatto. Nello stesso periodo c'era una possibilità ogni settantamila di prendere la poliomelite e io l'ho presa: ho avuto culo». Con il tempo ha realizzato che la disabilità lo mette al centro delle attenzioni («non immaginate quanti mi chiedono in prestito bastoni, stampelle e carrozzine quando si fanno male») e che non serve andare a Lourdes a chiedere il miracolo («Ci sono stato, sono entrato nell'acqua santa con la carrozzina. Niente miracolo ma la carrozzina è uscita con i copertoni delle ruote puliti puliti, come nuovi di zecca»). Se proprio qualcuno vuole assistere ai miracoli basta andare nei parcheggi dei centri commerciali, ogni giorno nei posti riservati ai disabili qualcuno guarisce non appena riprende l'auto. Lui è Lello Marangio, autore di battute e testi umoristici per molti comici, che ha appena pubblicato Per favore non toccatemi i disabili (Homo scrivens, pagine 264, euro 18), che rispetto all'autobiografico Al mio segnale scatenate l'infermo (Homo scrivens, 2019), racconta una storia tutta inventata, una storia d'amore, e lo sguardo diventa ancora più leggero e disincantato nel parlare della disabilità, in questo caso dei due protagonisti, un ragazzo e una ragazza ventenni in carrozzina.

Si sono conosciuti, o meglio hanno fatto testa e testa, mentre facevano terapia in acqua.

Lui lavora in un'agenzia pubblicitaria come grafico creativo, lei è violinista concertista. Entrambi affrontano i problemi pratici di chi vive in una città inadatta a loro, costruita con barrire architettoniche ovunque, tanto che lui ogni tanto si chiede perché i problemi dei disabili siano considerati meno problemi «degli alcolisti, dei ludopatici, dei cleptomani, dei petomani».

Rispetto a tanti altri loro coetanei, sono più felici, più spensierati, più allegri, sempre pronti a scherzare in ogni occasione. I due vorrebbero sposarsi ma nella vita di lui piomba una nuova tragedia. L'ascensore del palazzone popolare della periferia di Napoli dove vive con la famiglia agli ultimi piani si rompe, i soldi per ripararlo non ci sono e lui rimane prigioniero in casa sua. Lotterà contro il cinismo dei condomini con ogni mezzo perché si trovino i soldi per aggiustarlo anche perché lei non può aspettarlo in eterno.

Con lui si schiereranno in tanti, a cominciare da politici in cerca di visibilità, ma anche disabili che lo eleggeranno loro paladino.

Il finale non è il lieto fine che ci si aspetterebbe, e questa è una delle conclusioni del protagonista: «In giro ci sono uomini con una disabilità che tu la vedi subito, e ci sono anche tanti idioti con una disabilità che la scopri man mano che ci hai a che fare». Infine l'appello: «In Italia proteggiamo tante cose, anche il lupo marsicano, l'orso del Trentino e la Posidonia che è un'alga... e allora io mi chiedo: fra tante tutele, ne possiamo inserire una in più, una che riguarderebbe 13 milioni di cittadini disabili?». 

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