Incinta viene assunta a tempo indeterminato, la storia di Marika: «Ai colloqui di lavoro mi chiedevano sempre se fossi sposata...»

La 35enne ha firmato il contratto dopo aver comunicato di essere in dolce attesa alle sue datrici di lavoro: «Ma in passato quante delusioni...»

Incinta viene assunta a tempo indeterminato, la storia di Marika: «Ai colloqui di lavoro mi chiedevano sempre se fossi sposata...»
di Chiara Muzzin
Lunedì 18 Settembre 2023, 16:46 - Ultimo agg. 19 Settembre, 15:58
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Ha comunicato alle sue datrici di lavoro di essere incinta e le è stato proposto un contratto a tempo indeterminato e part time.

Una buona notizia che «dovrebbe essere normale, ma invece risulta ancora eccezionale in questo momento storico e in questo Paese», come sottolinea la giovane donna che l’ha ricevuta.

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A raccontarla, la 35enne casarsese Marika Novello si emoziona, perché da un lato c’è la felicità di un anno speciale, tra famiglia e lavoro, dall’altro il ricordo delle tante porte che in passato non si sono mai aperte. Solo per il fatto di essere una donna, “perdipiù” sposata da qualche anno e con una bimba di tre anni e mezzo. Marika ha cominciato a lavorare in farmacia Beggiato, a San Vito al Tagliamento, a marzo di quest’anno, con un contratto di sei mesi. «A giugno ho scoperto di essere incinta – spiega – e mi sono sentita di dirlo subito alle mie datrici di lavoro.

Lo sapevano solo mio marito e loro, tant’è che sono rimaste molto sorprese dalla mia scelta di annunciarlo subito. Mi sembrava corretto farlo sapere e non ho temporeggiato».

LA GIOIA
«Mi aspettavo che giovedì scorso, con la scadenza del contratto – continua la 35enne – terminasse il nostro percorso insieme. In altri posti mi avrebbero dato una bella pacca sulla spalla e detto “ci vediamo quando sarai pronta per tornare” o qualche altra frase del genere, senza alcuna garanzia. Invece non solo sono stata rinnovata, ma venerdì mattina, con le lacrime agli occhi, ho firmato un contratto a tempo indeterminato».

L’orario le permette di «conciliare serenamente – evidenzia – la vita professionale e quella privata». Marika è impegnata in farmacia di mattina, durante la settimana, e con un orario più lungo al sabato, con ritmi che le consentono di dedicarsi alla piccola, e in futuro anche al bebè. Il tutto insieme al marito Mirco e «con il supporto fondamentale dei nonni».


IL PERCORSO
La donna ora ha trovato una soluzione lavorativa stabile e adatta alle sue esigenze, «ma il percorso è stato in salita». Da ventenne si è dedicata per diversi anni agli studi, laureandosi prima in psicologia a Padova e poi in scienze del farmaco, indirizzo erboristico, a Milano, con il sogno di lavorare in un’erboristeria. Nel mentre ha fatto la cameriera in diversi locali. È rimasta a lungo in Lombardia, per poi tornare nella sua Casarsa nel 2020, con l’arrivo della bambina. Ma i colloqui di lavoro, terminati gli studi e prima dell’inizio della nuova carriera a San Vito, riservavano sempre la stessa «brutta sorpresa».

A ovest o a est dello stivale poco cambia. «A nessuno sembrava interessare qualcosa delle mie lauree – spiega Marika –. Le domande che ricevevo erano esclusivamente sulla mia vita privata: “Convivi? Sei sposata? Vuoi avere dei figli? Quanti? E quando?” Mai un quesito sulle tesi che ho scritto, o sulle mie esperienze lavorative». «Per questo – aggiunge – ho cominciato perfino a presentarmi ai colloqui con la fede nuziale in tasca, ma poco cambiava. Gli unici incarichi per cui c’era qualche spiraglio di speranza erano temporanei, e sempre da cameriera. Ma dopo tutti i sacrifici, anche da parte dei miei genitori, puntavo a fare quello per cui avevo studiato». 


IL RICATTO
Un mese prima di cominciare in farmacia a San Vito, Marika aveva ricevuto una proposta che sembrava “perfetta”: un lavoro proprio in un’erboristeria, e vicino a casa. «Bellissimo – commenta –, peccato che la condizione era che io dovessi firmare un licenziamento in caso di gravidanza. Mi sono rifiutata». Con la sua storia la 35enne vuole lanciare un messaggio alle altre donne. «Non accettiamo queste situazioni ambigue, questi colloqui orrendi e queste condizioni che non hanno nulla di etico – afferma –. Cerchiamo un posto di lavoro di sano, dove possiamo essere riconosciute, tutelate, e metterci in gioco. Non possiamo essere discriminate e viste solo ed esclusivamente come procreatrici. C’è una possibilità. Io ce l’ho fatta, tutte ce la possiamo fare».

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