Emergenza hinterland, non solo Caivano: la faida nel rione 167 di Arzano

Un intero quartiere trasformato in una enclave di camorra, chiuso e impenetrabile

Una delle tante operazioni di sicurezza nel rione 167 di Arzano
Una delle tante operazioni di sicurezza nel rione 167 di Arzano
di Marco Di Caterino
Domenica 10 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 11 Settembre, 07:35
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«State nata vota qua? Jatevenne... subito». Parole sgarbate e l'espressione stizzosa, seguite dal doppio imperativo, non sono certo quel che si dice un benvenuto, da parte di una donna sui quarant'anni, carnagione «costruita» da poco sole e tante lampade abbronzanti, capelli nerissimi tirati allo spasimo in una crocchia. È questo il volto del quartiere 167 di Arzano, che così ci accoglie in una mattina settembrina, sotto un sole tanto forte da colorare di nero intenso le zone d'ombra di questo quartiere distante da Arzano e vicinissimo a Melito. 

Ti guardi intorno più di una volta in uno dei cortili che diventano deserti all'apparire di un «forestiero», e cerchi i segni del degrado: erbacce, mobili vecchi scaricati a casaccio, scritte sui muri. E invece niente di tutto questo. Queste palazzine sono sì anonime e impersonali, magari un po' distanti da negozi e supermercati, ma non hanno nulla a che vedere con gli scempi urbanistici di quartieri come il Parco Verde, il Rione Salicelle o, peggio, lo stesso centro storico di Arzano che in alcuni punti è decisamente «sgarrupato». 

Qui, nella «167», nome mutuato dalla legge che modificava le norme per la realizzazione delle palazzine popolari meglio note come Ina casa, dove è nato l'omonimo clan, cresciuto a dismisura sotto l'ala protettrice, potente e malefica degli scissionisti di Melito, un intero quartiere si era trasformato in una enclave di camorra, chiuso e impenetrabile, un fortino dove i boss dettano le proprie leggi: festa, farina e forca.

Sono rimaste epiche, in questi caseggiati, le feste e il «concertino» per la Madonna dell'Arco, con la raccolta delle offerte a coprire il più vasto giro di estorsione mai concepito. E il pane a tavola garantito dal vasto giro dello spaccio e del narcotraffico, mentre la «forca» è destinata agli «infami» oltre che ai nemici. Il rione 167 rientra come gli altri quartieri difficili, in quella equazione che spiega il perché del fenomeno dei ghetti in mano alla camorra. Per oltre quarant'anni, anche nel complesso edilizio di via Cristoforo Colombo, come per il Parco Verde di Caivano, il Rione Salicelle di Afragola, la cisternina di Castello di Cisterna, il Piano Napoli di Boscoreale, nessuno ci ha messo le mani.

Dalla politica, che in questi luoghi ha solo cercato il facile consenso anche attraverso la compravendita di pacchetti di voti, alle forze dell'ordine che si facevano vedere solo per eseguire arresti o blitz. Poi il nulla.

E solo quando la camorra o il degrado umano debordano, come è accaduto per lo stupro di gruppo nel Parco Verde, scattano l'allarme e la mobilitazione. Eppure, proprio la vicenda del clan 167 è in qualche modo indicativa per possibili soluzioni.

La cosca, allo stato attuale, è ridotta ai minimi termini, grazie a una serie di controlli amministrativi attuati dalla polizia municipale di Arzano, diretta dal comandante Biagio Chiariello. Verifiche, a costo zero, sulla titolarità sulla occupazione degli alloggi. Ebbene, dall'inizio dei controlli sono state accertate una trentina di occupazioni abusive da parte di boss e gregari del clan 167, che con scientifica sistematicità avevano cacciato via i legittimi assegnatari «consegnando» agli affiliati gli alloggi fatti sgomberare con la violenza. Clamorosa fu la scoperta di quanto era stato capace di fare Salvatore Petrillo, reggente della cosca (ucciso nella strage del Roxy Bar, azione che ha scatenato la faida interna tra i Monfregolo e i Cristiano, un tempo alleati e poi acerrimi nemici), che aveva fatto costruire un maxi appartamento sotto i colonnati che contraddistinguono l'edilizia popolare. E non solo, su circa cento metri di viale si era fatto realizzare un giardino, circondato dal filo spinato. L'abuso fu abbattuto e lo spazio comune ripristinato, due mesi prima della sua morte. 

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Quel «semplice» controllo sulle occupazioni abusive non preoccupò più di tanto i camorristi perchè a farli erano stati dei «semplici» vigili urbani, mentre i loro nemici erano polizia, carabinieri e Dda. Ma non era così. Una volta denunciati per occupazione abusiva, è scattata la perdita della residenza che ha comportato il blocco del reddito di cittadinanza e la cancellazione dalle liste elettorali. Presa coscienza di tutto ciò, i camorristi della 167 si sono imbestialiti, arrivando a minacciare di morte il comandante Chiariello, con tanto di manifesto funebre affisso all'ingresso del comando di polizia municipale che annunciava la sua morte.
Senza casa, diventati apolidi, con una faida da combattere che ha coinvolto anche Frattamaggiore e Frattaminore, città dove sono state fatte esplodere una decina di bombe, l'invincibile clan di è dissolto come polvere nel vento, sotto una raffica di arresti da parte dai carabinieri e grazie anche alle dichiarazioni dei boss dell'ala dei Cristiano, che stanno svelando ai magistrati venti anni di camorra. A volte basta così poco. 

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