Hanno detto no all’accordo che obbliga i medici di medicina generale ad effettuare i tamponi rapidi per la diagnosi di Covid: «I nostri studi sono nella maggior parte dei casi ospitati in abitazioni private all’interno di condomini, per giunta in un momento in cui le altre malattie sono sacrificate sull’altare del virus, i malati alle prese con altri problemi di salute perderebbero un altro punto di riferimento oltre a quello degli ospedali e degli ambulatori specialistici pubblici».
Una posizione ribadita sia sui tavoli nazionali che in quelli regionali ma il risultato è stato che i “dissidenti” sono stati bannati, esclusi dalla discussione che in queste ore decreterà il destino dei medici di famiglia. É il caso dell’incontro che proprio in queste ore è in corso tra Regione Campania e sindacati e che, a sentire chi si è messo di traverso, ha chiuso la porta proprio a chi ha opinioni differenti: «Hanno fatto tutto sotto banco - protesta Tiziana Gagliardi a nome dell’associazione Italia Medicina - abbiamo saputo della riunione soltanto per vie traverse.
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A convincere i camici bianchi di Italia medicina di essere nel giusto anche una recentissima sentenza del Tar del Lazio che proprio sulla questione sollevata in questi giorni si è pronunciato a favore dei medici di base: «I medici di medicina generale - dicono il giudici del Tar - risultano investiti di una funzione di assistenza domiciliare ai pazienti Covid del tutto impropria, che per legge dovrebbe spettare unicamente alle Unità Speciali di Continuità Assistenziale».
«I medici - sottolinea ancora il Tar - verrebbero pericolosamente distratti dal compito di prestare l'assistenza ordinaria, a tutto detrimento della concreta possibilità di assistere i tanti pazienti non Covid, molti dei quali affetti da patologie anche gravi».