Napoli, boss ucciso a Fuorigrotta: spunta la traccia del killer, il pm ordina il test del Dna

Una possibile svolta sul raid consumato in via Leopardi: «Sono stati isolati tre profili genetici ora le comparazioni»

Il boss ucciso
Il boss ucciso
Leandro Del Gaudiodi Leandro Del Gaudio
Domenica 24 Marzo 2024, 23:47 - Ultimo agg. 26 Marzo, 07:29
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Una traccia biologica isolata sul manubrio di una moto. Un possibile riscontro, o comunque un indizio buono a dare slancio a una inchiesta che sembrava approdata su un binario morto. Parliamo dell’omicidio di Antonio Volpe, un uomo ucciso a 77 anni, a pochi passi dall’attività commerciale gestita dalla propria famiglia.

Un delitto spartiacque, almeno per gli equilibri criminali, a giudicare dallo spessore della vittima: chi ha ucciso Volpe - emerge dalle indagini finora svolte - lo ha fatto per imporre la propria leadership su un pezzo di città. Ma torniamo agli aspetti tecnici dell’inchiesta. In questi mesi, la scientifica ha isolato tre profili genetici su materiale sequestrato nelle ore immediatamente successive al delitto. Era il 15 marzo del 2021, quando venne consumato il delitto in via Leopardi, a Fuorigrotta. Piena emergenza covid, il 77enne venne raggiunto da almeno due killer in sella a una moto. Nel corso della stessa serata, i carabinieri trovarono una moto sospetta, un casco e una pistola nei pressi di via Brigata Bologna, zona non lontana dal luogo dell’omicidio. Da allora, sono stati isolati tre profili genetici, che ora rappresentano un elemento in più nelle mani degli inquirenti. Tre possibili identità grazie alle tracce rinvenute sul manicotto di uno dei due lati del manubrio della moto, sul casco integrale e sull’arma probabilmente usata per colpire il 77enne. Qui la firma del killer, è l’ipotesi investigativa. Quanto basta a convocare nel gabinetto di scientifica del Ris a Roma alcuni soggetti su cui - è logico pensare - si sono orientate le prime fasi investigative. In questi giorni, è stata effettuata una comparazione con il profilo genetico di Giuseppe Troncone, presunto rampollo della camorra di Fuorigrotta, a sua volta detenuto per altri fatti legati alla criminalità organizzata. Difeso dai penalisti Antonio Abet e Andrea Lucchetta, Troncone è risultato estraneo ai profili genetici isolati sui reperti finiti sotto sequestro. Non c’è compatibilità tra il suo bagaglio genetico e quanto rinvenuto su casco, moto e pistola. Indagini che vanno comunque avanti e che investono altri soggetti presumibilmente legati alla malavita organizzata di Napoli ovest. 

Inchiesta condotta dal pm anticamorra Salvatore Prisco, in forza alla Dda di Napoli guidata dallo stesso procuratore Nicola Gratteri. Riflettori puntati su un gruppo interessato a scompaginare antichi equilibri. Secondo la ricostruzione finora portata avanti, il 77enne rappresentava una sorta di punto di equilibrio tra diverse istanze territoriali. Non è un caso che dopo l’omicidio Volpe, il quartiere è piombato in una sorta di clima di guerra, con agguati, pestaggi, stese e omicidi che hanno funestato le vie principali del quartiere della periferia occidentale. Parliamo di una zona ricca di esercizi commerciali, con una ampia offerta alberghiera, anche in relazione alla presenza di sedi universitarie. Una zona che fa gola da sempre, su cui sono in corso pressioni concentriche tra gruppi differenti, in una contrapposizione che - secondo gli analisti del crimine - rispecchia quello che avviene anche in altri punti dell’area metropolitana. Una sorta di guerra strisciante, che propone saltuariamente improvvisi rigurgiti di violenza criminale.

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È successo a Fuorigrotta, prima di Natale del 2022, con un agguato a carico del boss Troncone (padre di Giuseppe, risultato negativo alla comparazione del Dna), miracolosamente sopravvissuto ai proiettili che lo hanno raggiunto all’altezza del viso. Ed è accaduto anche più di recente, la scorsa estate, a pochi metri dall’ingresso della galleria laziale, dove vennero esplosi decine di colpi nel corso di un pomeriggio domenicale. Scenari simili ad altri spaccati metropolitani, si diceva, alla luce di quanto emerso nei fatti di cronaca più recenti, a proposito dell’ampia disponibilità di armi da guerra. È un trend pericoloso, quello evidenziato in questi giorni dalle informative di pg dei vari reparti delle forze dell’ordine. Negli ultimi tre anni, sono aumentati sequestri di armi, che evidenziano due aspetti: da un lato il pressing investigativo, con blitz sempre più frequenti e mirati; dall’altro, la circolazione di armi in una città sempre più polveriera.