Mare bianco a Napoli, rischio beffa: solo una multa per l’inquinatore

Mare bianco a Napoli, rischio beffa: solo una multa per l’inquinatore
di Francesco Lo Dico
Mercoledì 9 Gennaio 2019, 23:03 - Ultimo agg. 10 Gennaio, 17:32
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Pensava di liberarsi di quell’immenso carico di poltiglia biancastra senza colpo ferire. Il piano era quello di approfittare dello spurgo davanti al palazzo di viale Gramsci, dov’era stato chiamato martedì alle 9.30, per scaricarvi dentro tutto il liquame e lasciare che le fogne, in profondità, custodissero per sempre il suo segreto. Ma a tradirlo è stato un errore maldestro. L’autospurgatore di Caivano, reo confesso del disastro di Mergellina ora indagato a piede libero per inquinamento ambientale, non poteva immaginare che le migliaia di litri di polvere di marmo che ha riversato nel tombino dalla sua gigantesca autocisterna dalla capienza di diecimila litri, potessero finire in mare. Prima di individuare il chiusino giusto, l’uomo ha sollevato diversi coperchi. Ma alla fine la scelta è caduta su quello sbagliato.

I VIDEO
Sono stati i filmati delle telecamere a incastrarlo nella notte di mercoledì, quando l’uomo, che prima negava ogni addebito, ha dovuto ammettere la sua colpevolezza. Il frame che lo incastra è inequivocabile: lo si vede in piedi, giubbotto rosso, che sversa nel tombino con aria indifferente il carico di polvere di marmo dal tubo della sua autocisterna. In pieno giorno. Da dove veniva la polvere bianca? Qui va fatta chiarezza. Non si trattava di materiale residuo prelevato nel condominio di viale Gramsci ma di un carico che l’uomo, titolare e non dipendente dell’impresa di Caivano, aveva prelevato nel corso di un espurgo da un’altra azienda del circondario specializzata in taglio della pietra. Materiali di risulta che erano ovviamente privi dei documenti che certificano la provenienza e la destinazione del rifiuto speciale in questo caso non classificato come tossico. Il sospetto degli inquirenti è che non fosse la prima volta che l’uomo smaltisse in modo illecito rifiuti del genere. Ma la storia della marea bianca di Mergellina potrebbe profilare nel prosieguo delle indagini rivelazioni ben più ampie: un vero e proprio sistema di smaltimento, che nell’hinterland del napoletano, si avvale di manovalanza compiacente desiderosa di integrare in nero i propri guadagni con discrete trasferte in città, a tutto vantaggio di imprese edili del Napoletano che per smaltire legalmente i rifiuti dovrebbero spendere molto di più. 

 

LE INDAGINI
Ma torniamo all’inchiesta giudiziaria. Che cosa rischia il maldestro spurgatore? Al momento, il fascicolo aperto presso la sezione ambiente della Procura di Napoli, ipotizza per l’uomo il reato di inquinamento ambientale ai sensi dell’articolo 452 bis del codice penale. Tradotto: una multa tra i 10mila e i 100mila euro, più difficilmente dovrebbe scattare il carcere a meno che il reato non diventi più pesante. Dipenderà dagli esami tossicologici dell’Arpac stabilie se nel porticciolo Sannazaro è stato consumato un disastro ambientale, magari legato ad additivi più pericolosi rispetto a quelli accertati. Ieri la pioggia e il vento sembravano aver spazzato via dal molo l’ondata di melma bianca. Ma gli investigatori fanno notare come la polvere di marmo potrebbe sedimentarsi sul fondale, proprio come già appurato nel caso della pietra di Ponza, con il risultato che l’ecosistema marino prospiciente all’isola è stato completamente annientato. Se così dovesse essere, se cioè l’equilibrio del fondale dovesse risultare irreversibilmente alterato (ma sarebbe difficile stabilirlo nell’immediato, occorrerebbero anni) scatterebbe il disastro ambientale, che le nuove norme sugli ecoreati sanzionano con pene tra i 5 e i 15 anni. 

LA PENA
Ma sull’effettività della pena non c’è ancora certezza. «Si tratta di leggi di nuovo conio, che hanno ancora un’applicazione timida», fanno trapelare gli investigatori. Intanto il sindaco esprime «massimo sdegno per chi ha sversato i liquami nel mare di Mergellina». «Faccio un appello ai cittadini – ha aggiunto - perché segnalino i reati ambientali cui assistono». È lo stesso monito lanciato da chi si è occupato del caso con dedizione: «I cittadini – è il monito del Reparto operativo aeronavale della Guardia di finanza di Napoli guidato dal comandante Bastoni - non abbiano paura di denunciare reati odiosi contro il nostro meraviglioso ambiente».
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