A volte notificavano male gli ordini di pagamento, in altri casi invece non si sono mai presentati a destinazione. Fatto sta che non hanno riscosso. È andata così per anni, al punto tale che il buco nelle casse del Comune è arrivato a circa 120 milioni di euro. È la storia degli affitti non pagati al Comune, ovvero dei crediti vantati e non riscossi da Palazzo San Giacomo. Un capitolo a parte, quello decisamente più grave, riguarda i locali commerciali. I negozi che appartengono al patrimonio del Comune di Napoli, ma che non rendono nulla o quasi. E che producono una zavorra che si fa prima a spiegare con i numeri.
In sintesi, del buco finanziario di quasi 134 milioni di euro denunciato pochi giorni fa dalla Procura della Corte dei Conti, almeno 120 milioni riguarda i locali commerciali. Negozi che dovrebbero garantire entrate e che invece rappresentano un buco per le casse comunali. Una zavorra, appunto. Una storia che rappresenta, secondo quanto ha avuto modo di approfondire Il Mattino, il nuovo capitolo della saga degli affitti abusivi, raccontata pochi giorni fa con il blitz nella scuola Vanvitelli al Vomero.
Ne sono decine quelli segnalati nel corso delle verifiche. I casi più eclatanti (e anche odiosi) sono stati riscontrati a Chiaia (anche nella stessa centralissima via Chiaia) e lungo Corso Umberto, il nostro popoloso Rettifilo. È in queste strade - vero e proprio motore del commercio cittadino - che si è formato il buco. Un capitolo - quello della non redditività - su cui conviene scavare a partire dalla premessa che ha animato il lavoro delle toghe di via Piedigrotta: al netto del danno contabile per le casse del Comune, la mancata riscossione dei canoni mensili ha rappresentato un vulnus evidente alle regole di libero mercato e al principio di libera ed equilibrata concorrenza. In sintesi, c’è chi ha tuttora la possibilità di svolgere commerci senza spendere un soldo di affitto, mentre sulla stessa strada gli stessi locali vengono affittati a migliaia di euro al mese.
Un ulteriore vulnus a un’economia cittadina che sta attraversando un momento di particolare dinamismo, ma che non è mai stata completamente al riparo da rischi di infiltrazioni criminali. Detto in modo più diretto: con queste regole è sempre più difficile competere, per un commerciante onesto che deve confrontarsi con colleghi che non pagano l’affitto e con altri competitors che magari riciclano soldi sporchi. Ma torniamo alle indagini della Procura di Giuseppone. Cosa ha provocato un simile gap? È questo uno degli aspetti più rilevanti del secondo step delle indagini sugli affitti. Stando a quanto sta emergendo fino a questo momento, ci sarebbero stati non pochi casi di «notifiche a vuoto» o di «notifiche nulle» nei confronti dei gestori dei locali commerciali. Aspetti su cui è molto probabile che ci siano delle verifiche a stretto giro, anche alla luce di quanto avvenuto la scorsa settimana con la storia delle scuole.
Riflettori puntati su Napoli servizi e sugli altri uffici comunali che devono assicurare un monitoraggio efficace delle entrate connesse ai canoni dei locali dati in gestione ai privati. Un tema strategico, come hanno avuto modo di segnalare i vertici della magistratura contabile, nel corso dell’intervento successivo alla notifica degli avvisi a dedurre nei confronti - tra gli altri - di funzionari e dirigenti comunali per la storia della Vanvitelli. In sintesi, sulla capacità di Palazzo San Giacomo di incassare i canoni mensili si fonda una parte del cosiddetto Patto per Napoli, che ha consentuto due anni e mezzo fa di affrontare i nodi del debito monstre di Palazzo San Giacomo. Hanno scritto di recente gli inquirenti di via Piedigrotta: «A seguito di un approfondimento istruttorio è emersa una morosità dei rapporti di utenza del patrimonio di Napoli che ammonta oggi alla vertiginosa cifra di 133.145.067 Euro. Bisogna attivarsi evitando così queste odiose forme di privilegio». Parole esplicite e cariche di significato, specie se «queste odiose forme di privilegio» incidono nelle dinamiche economiche della città e colpiscono un principio sacrosanto di ogni democrazia: la libera concorrenza, il libero mercato assicurato a imprenditori e operatori commerciali.