Chiusi, sbarrati per 24 ore e più. É non è la prima volta.
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Una disfatta per medici ed operatori sanitari che da quando è scoppiata la pandemia cercano in ogni modo di assistere chi ha bisogno di aiuto e di cure. Superato l'ostacolo e riaperto il presidio resta però il nodo della carenza di spazi e soprattutto di medici e personale sanitario. Turni massacranti e per giunta in condizioni di grande stress restano il vero problema che, a sentire i camici bianchi, nessuno sembra voler affrontare nonostante le richieste ed il coro di proteste. Accanto agli ammalati colpiti dal Covid un solo medico che, bardato con tute e visiere, deve prestare attenzione soprattutto ai tanti pazienti per i quali è necessaria la respirazione assistita: avrebbero bisogno di essere ricoverati nei reparto di terapia sub intensiva ma è come cercare un ago in un pagliaio. Orari e turni a prova di lucidità anche nel settore che accoglie i pazienti ordinari dove restano restano solo 2 medici per turno e 4 infermieri. C'è chi lavora anche 18 ore ininterrottamente, quando a fermarlo non è il Covid. Già due, infatti, i medici contagiati e molti di più gli infermieri. Tutti hanno le facce stanche, provate. Non ce la fanno a sostenere ritmi ininterrotti e soprattutto non hanno idea, come tutti tra l'altro, di quando la pandemia finirà. A novembre andranno via altri due camici bianchi e dei 16 in servizio al pronto soccorso ne rimarranno solo 14. Ancora meno, ancora soli a combattere un'emergenza che sconta, a Nola come altrove, i disagi della disorganizzazione. Ne fa le spese il personale ma si sentono in pericolo soprattutto i pazienti. Con il presidio di Nola in panne per ogni emergenza bisognerà recarsi a Sarno oppure ad Avellino.
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