Parcheggiatori, il giro di vite:
«Chiedere i soldi è estorsione»

Parcheggiatori, il giro di vite: «Chiedere i soldi è estorsione»
di Petronilla Carillo
Sabato 7 Luglio 2018, 08:24 - Ultimo agg. 8 Luglio, 09:27
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«Devi darmi due euro per il parcheggio». «Se non mi dai i soldi che ti ho chiesto ti rompo la macchina». Minacce forti che non possono non essere sanzionate. Minacce che capita spesso di subire quando si lascia la propria auto in sosta, anche se nelle strisce blu. Regge anche in Corte di Cassazione l'ipotesi di reato contestata dalla procura di Salerno ad Abrazac Anan, un parcheggiatore abusivo in «servizio» davanti al Campolongo Hospital di Eboli. E così gli viene riconosciuto il reato di estorsione, in questo caso tentata, dal momento che l'automobilista si era rifiutato di dargli il denaro richiesto. Condannato in primo e in secondo grado, per l'africano arriva ora la sentenza definitiva. Inutile il ricorso ai giudici della Suprema Corte da parte del suo legale, l'avvocato Gerardo Cembalo: il tono minaccioso e prepotente da lui utilizzato non lascia dubbi sulla sua ingiustificata richiesta di denaro e sull'ingiusto profitto che ne sarebbe derivato. Inutile, dunque, il tentativo del suo legale di far derubricare il reato a violenza privata.

La posizione della Corte di Cassazione è molto chiara e potrebbe rappresentare un precedente importante per la definitiva configurazione del reato di estorsione a carico dei parcheggiatori abusivi. Nella sentenza, difatti, i giudici capitolini hanno chiarito che «non è configurabile il reato di violenza privata per la semplice ragione che il suddetto reato ha natura sussidiaria rispetto all'estorsione dalla quale si differenzia per l'assenza dell'ingiusto profitto che, invece, nel caso di specie, è configurabile (richiesta di una somma di denaro non dovuta)». Quindi - si legge sempre nel dispositivo - la «minaccia è da ritenersi sussistente perché tale doveva oggettivamente ritenersi la frase: se non mi dai i soldi che ti ho chiesto ti rompo la macchina». Per i giudici, dunque, è «del tutto irrilevante che la persona offesa non si sia sentita intimidita ma, anzi, dopo aver rifiutato di pagare, si recò a denunciare il fatto».
 IL RICORSO
L'avvocato del parcheggiatore si era espresso contro la sentenza dei giudici della Corte d'Appello di Salerno deducendo l'errata qualificazione giuridica della contestazione, ritenendo non soltanto che si trattava di violenza privata ma puntando anche sull'insussistenza del reato in quanto la minaccia non era idonea ad intimorire l'automobilista a consegnare la somma richiesta. Posizione, la sua, che è stata respinta dai giudici della Suprema Corte.
LE ACCUSE
A Salerno la procura ha chiesto e ottenuto, per ben due volte, gli arresti in carcere per alcuni parcheggiatori abusivi. Uno di questi ha anche patteggiato la pena e il gup gli ha inflitto una condanna ad otto mesi. Ma si tratta di una delle posizione più semplici: bisogna ora vedere cosa accadrà durante il dibattimento. Ma sono sempre i magistrati salernitani ad aver motivato in maniera abbastanza circostanziata il fenomeno indicando gli abusivi come una «piaga sociale». Anche se non organizzati in un gruppo criminale, secondo gli inquirenti, comunque avrebbero avuto una gestione dell'intero territorio suddiviso - come avviene per i sodalizi criminali - in «un sistematico controllo delle aree di sosta».
IL PRECEDENTE
A dicembre dello scorso anno sempre la Corte di Cassazione si era espressa per un ricorso contro l'ordinanza di arresto presentata dai legali di due parcheggiatori abusivi: nel respingere le loro richieste, i giudici avevano riconosciuto anche in questa circostanza il reato di estorsione a carico di entrambi.
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