Michelangelo Pistoletto e la Venere degli Stracci a Napoli: «L'opera va protetta, il Maschio Angioino soluzione ideale»

«Questa Venere non l'ho scolpita io, ma l'ha scolpita la storia»

L'area della nuova Venere degli Stracci
L'area della nuova Venere degli Stracci
di Gennaro Di Biase
Sabato 28 Ottobre 2023, 09:00 - Ultimo agg. 29 Ottobre, 09:33
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Dalla ferita al regalo. Ciò che conta è dare. Michelangelo Pistoletto ha compiuto una scelta precisa: quella del dono. Dopo il crowdfunding avviato per finanziare la riproduzione della Venere all'indomani dell'incendio di piazza Municipio, l'artista ha deciso di regalare personalmente la nuova opera alla città. Collegato ieri in video con la sala giunta di Palazzo San Giacomo, nel corso della conferenza, il maestro ha spiegato che «a Napoli» si sente «a casa». A margine dell'evento in Comune Pistoletto ha poi aggiunto che «il Maschio Angioino sarebbe una location perfetta per poter collocare la nuova opera e per farla visitare dalle persone». La Venere risorta dal rogo, in ogni caso, dovrà essere allestita «in un luogo che non sia abbandonato a se stesso». Dopo l'installazione di 4 mesi in piazza Municipio, periodo che inizierà il 22 gennaio prossimo, l'opera sarà infatti donata a Napoli e trasferita altrove. Che ne sarà, dunque, della Venere degli Stracci a partire dalla prossima primavera? Questo è il tema più importante, a medio termine, per il destino della scultura arsa lo scorso 22 luglio, nell'alba infuocata di piazza Municipio.

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Maestro, che tipo di posto preferirebbe per la nuova Venere degli Stracci, una volta passati i mesi di esposizione previsti nei dintorni di Palazzo San Giacomo, che scadranno a maggio? Meglio una piazza, un luogo aperto, oppure la sala di un museo?
«Naturalmente, la risposta dipende dagli spazi che saranno messi a disposizione.

Non è detto che la Venere debba stare in un posto trionfale, per così dire. Basta un posto comune, ma che sia raggiungibile dalla gente che intenda visitarla».

Quindi andrebbe bene uno spazio chiuso, come per esempio potrebbe essere il Maschio Angioino?
«Se dovessi scegliere, opterei per uno spazio che sia chiuso e riparato. Il Maschio Angioino sarebbe fantastico. Ma molto dipenderà da come la città considererà l'opera. Credo che la Venere stia effettivamente diventando venerabile».

Quanto alle misure di sorveglianza, crede che saranno necessarie anche quando l'opera traslocherà da piazza Municipio?
«Non chiedo nulla alle istituzioni, dipende dalle decisioni che prenderà il Comune. Sicuramente credo che servirà una sorveglianza che consenta all'opera di essere visitata, ma con un presidio. La Venere, per come la vedo, dovrebbe essere collocata in un posto che non sia abbandonato a se stesso».

Qual è stato il percorso artistico per la creazione della nuova Venere?
«Il dolore si è trasformato in cura. La Venere non si è annientata, ma rigenerata nello stesso luogo. L'episodio di degenerazione che è accaduto ha innescato dinamiche di riflessione e di confronto importanti sulle devastazioni dei giorni nostri. Il mio sentimento per Napoli è rimasto immutato: sarà una grande gioia per tutti aver trasformato la sofferenza in una nuova occasione di vitalità e rinascita».

Con quale sentimento ha rimesso mano all'opera?
«Per me questa è un'occasione straordinaria. Mi trovo immerso nella Venere degli Stracci in tutti i sensi. Nel '67, quando l'ho creata, non pensavo che oggi mi sarei trovato ancora immerso nella Venere degli Stracci. Il senso del lavoro è però quello di mettere in connessione tra loro elementi diversi e contrastanti. Questa Venere non l'ho scolpita io, ma l'ha scolpita la storia. Venere ha dato origine alla parola venerare. E c'è un senso spirituale in questo concetto».

Quale?
«La bellezza di questa Venere non ha a che vedere con la bellezza mostruosa, per esempio quella della guerra, che talvolta viene venerata. Questo lavoro fatto assieme al Comune di Napoli si prefigge di portare armonia e bellezza. La società è fatta di Venere e di Stracci. Gli stracci rappresentano la parte degenerante della bellezza. Le stesse coste africane sono ricolme di stracci portati dai paesi consumistici. Sono lì come per colpevolizzare qualcuno, come per ricordare che ci sono al mondo persone che si sentono stracciate. Noi oggi vogliamo mettere la Venere insieme agli Stracci per rigenerare la società, per curarla e per rigenerarla. Napoli ha ospitato la Venere, ora bisogna passare alla cura. Una cura che non riguarda solo l'opera d'arte in sé, ma che sia simbolo della rigenerazione che la Venere stessa porta in questa città».

Ha deciso di finanziare lei stesso la produzione della nuova Venere. Parte dei fondi già raccolti andranno ai fragili. Come mai questa scelta e cosa la lega a Napoli?
«Ho vissuto molte vicende a Napoli, private e pubbliche. Ho sempre avuto una vicinanza autentica con questa città. Sono di casa a Napoli e con questa avventura io sono lì perennemente. La mia idea di destinare fondi ai fragili è nata dall'insieme dei fatti, oltre che dalla collaborazione con il Comune e con il sindaco Manfredi. Bisognava dare seguito all'avvenimento del rogo: è chiaro che la Venere per me si è come messa in azione, e ci ha uniti in questa operazione di rinascita. Tutti noi abbiamo sentito la nostra responsabilità rispetto all'accaduto. E questa è perciò un'opera di responsabilità comune. Mi sento responsabile della presenza a Napoli della Venere degli Stracci. Non sono io che ho voluto portarla a Napoli. È stata portata qui da una decisione del Municipio, e sono felice di collaborare». 

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