Per salvare la libreria più amata, tra gli altri, da Benedetto Croce, scende in campo la banca. La chiusura, la crisi e la messa in vendita della storica attività Fiorentino di Calata Trinità Maggiore si situano in un contesto più ampio: quello dell’economia di un centro storico in cui le piccole attività culturali faticano a sostenersi, al contrario di bar e ristoranti. È uno degli effetti dell’impoverimento culturale, della concorrenza dei giganti dell’e-commerce, dell’epoca social-digitale e del boom turistico. La tempesta perfetta, insomma, per chi vende cultura: la città è piena e viva, ma i contenuti di qualità non sono abbastanza redditizi. All’appello lanciato ieri dalle pagine de Il Mattino da Diego Fiorentino, titolare della libreria aperta nel 1936 nel cuore di Napoli, risponde oggi la Banca di Credito Cooperativo di Napoli, «disponibile a venire incontro alla richiesta di prestito agevolato espressa dall’imprenditore».
Facciamo un passo indietro e ricordiamo l’appello lanciato ieri da Fiorentino: «Sulla saracinesca della libreria ho affisso il cartello “vendesi”, e per farmi tornare sui miei passi mi servirebbero 100mila euro subito, però credo ancora nella cultura e non venderò mai a una spritzeria o a una paninoteca. E se ci fossero le condizioni potrei anche valutare l’ipotesi di riprendere l’attività». Da qui la proposta di Fiorentino: «Non voglio lucrare, non voglio elemosine, non voglio vicinanza a chiacchiere. Vorrei un prestito agevolato, o che magari il Comune mi permettesse di aprire altrove in condizioni più sostenibili. Il sindaco Gaetano Manfredi non dichiara sempre di voler aiutare le librerie? Questa è un’occasione, l’ennesima, per dimostrare che davvero vuole farlo, ma spero che agli inevitabili discorsi di incoraggiamento non seguano zero fatti come nel caso della libreria di zio Tullio, che non è stata salvata e lui ancora aspetta una targa». Il riferimento allo «zio» va a Pironti, naturalmente, della storica libreria di piazza Dante, ancora oggi tristemente vuota, chiusa e in attesa di locatario.
Cultura e business, tradizione artigiana e food. Il mercato del centro è alla caccia di un equilibrio tra questi due insiemi. Lo dimostrano lo stop alle licenze per i pubblici esercizi disposto dal Comune a luglio e la querelle “Scaturchio” (sulla cui apertura a San Gregorio Armeno sono stati chiamati in causa i giudici del Tar). È in questo scenario che interviene Amedeo Manzo, presidente della Banca di Credito Cooperativo di Napoli: «Durante l’emergenza Covid - argomenta - salvammo i pastorai dall’arrembaggio dei cinesi.
In questo senso, parlano «i principi cooperativi della mutualità senza fini della speculazione privata» cui si ispira la Bcc Napoli. «La logica del nostro articolo 2 - prosegue Manzo - è di stare vicino alle attività: il ruolo della nostra banca è storicamente controcorrente, in questo senso. Non è quello della massimizzazione del profitto, ma quello di un arbitro sociale che venga incontro alle esigenze dei territori a beneficio della collettività. Salvare una libreria implica salvaguardare, anche per i giovani, posti di lavoro qualificati nell’ambito della cultura e della tutela delle tradizioni più antiche della città».