Pizza napoletana patrimonio dell'Unesco: eletti i referenti della Comunità rappresentativa per la valorizzazione culturale

L'obiettivo principale è quello di mettere in campo misure e iniziative in grado di tutelare adeguatamente il patrimonio culturale napoletano

Sergio Miccù
Sergio Miccù
Mercoledì 10 Gennaio 2024, 11:14
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Con l’obiettivo di individuare le più idonee e urgenti misure di salvaguardia e valorizzazione dell’elemento «L’arte del Pizzaiuolo Napoletano», iscritto dal 2017 nella prestigiosa lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità – Unesco, nella prima riunione della Comunità rappresentativa sono stati eletti, con voto unanime, il referente culturale, nella persona del Direttore della Fondazione UniVerde, Giuseppe Di Duca, e il referente praticante nonché Presidente dell’Associazione Pizzaiuoli Napoletani, Sergio Miccù.

Partendo dal percorso comune che ha impegnato la comunità per anni, lo spiritomcondiviso nella prima riunione, che si è svolta in videoconferenza il 30 novembre scorso, è stato di completa unità d’intenti.

La volontà emersa è quella di avviare un percorso di collaborazione tra le diverse organizzazioni e le istituzioni preposte, al fine di individuare le più opportune misure per valorizzare l’elemento culturale, a livello nazionale e internazionale, e tutelare il prestigioso riconoscimento Unesco, in particolare, da eventuali usi impropri per finalità di lucro e scopi commerciali.

«L’arte del Pizzaiuolo Napoletano» restituisce il giusto valore a un patrimonio di conoscenze artigianali uniche, perché il «saper fare» la pizza presuppone esperienza, manualità, dedizione, estro, amore e fantasia in una sintesi d’eccellenza che si identifica nell’antica arte popolare dei pizzaiuoli napoletani.

Gli usi impropri del riconoscimento potrebbero infatti danneggiare o addirittura snaturare l’elemento stesso, facendone perdere i valori culturali e sociali tramandati per secoli e l’efficacia del percorso di internazionalizzazione in atto.

Tanto è vero che a sei anni dall’iscrizione nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità – UNESCO, sono aumentate a livello esponenziale le richieste, da ogni parte del mondo, di veri pizzaiuoli di scuola napoletana.

Si tratta di un segnale importante che oggi gratifica quanti si sono impegnati per far iscrivere e, successivamente, valorizzare l’elemento ma che impone anche attente riflessioni e l’adozione di misure per la salvaguardia della sua integrità affinché venga tramandato un sapere tradizionale e culturale vivente e autentico.

Non va dimenticato che il riconoscimento Unesco dell’arte del pizzaiuolo napoletano è stato di grande aiuto anche per l’agroalimentare italiano nella campagna contro l’agropirateria, l’Italian sounding e il fake food: perché se il sapere tradizionale del pizzaiuolo è immateriale, il suo illustre prodotto, la pizza, il piatto che nelle sue diverse declinazioni e contraffazioni è il più consumato del pianeta, si realizza proprio con le eccellenze agroalimentari.

Si tratta di uno dei fiori all’occhiello della nostra tradizione che racconta la storia di un territorio attraverso sapori unici: farina dai migliori grani, lievito madre selezionato, pomodoro genuino, olio extra vergine di oliva autentico, fior di latte e mozzarella di bufala campani.

Una pratica culturale così fortemente identitaria che, senza la certificazione della qualità e dell’autenticità degli ingredienti, rischia di essere fortemente deteriorata. È in questi presupposti che risiede l’impegno della Comunità rappresentativa dell’elemento, a individuare e mettere in campo le necessarie azioni di salvaguardia.

Una vera e propria best practice quella del «pizzaiuolo napoletano» che rispecchia Napoli e la Campania, i paesaggi, le tradizioni, le produzioni locali: è promozione dei territori in cui l’elemento affonda le proprie radici; è turismo esperienziale e cultura della qualità e delle tipicità.

Interpretando le necessità di valorizzazione e tutela de «L’arte del Pizzaiuolo Napoletano», tra i principali obiettivi che la Comunità rappresentativa si è posta c’è l’impegno a redigere un piano di gestione con misure olistiche che consentano di veicolare i valori dell’elemento, rendendoli ampiamente accessibili e che siano supportati da adeguate attività ed iniziative di comunicazione e promozione, oltre a favorirne, tra l’altro, l’inclusione e la sostenibilità ambientale.

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