Cecilia Donadio, chiacchiere dal sofà e progetti futuri: «Tutti dovranno cambiare il modo di vivere»

Cecilia Donadio: chiacchiere dal sofà e proiezioni in «Fase 2» #Versoil4Maggio
Cecilia Donadio: chiacchiere dal sofà e proiezioni in «Fase 2»​​ #Versoil4Maggio
di Salvio Parisi
Sabato 2 Maggio 2020, 17:59
6 Minuti di Lettura
Ci siamo quasi: ultimo weekend di restrizione domiciliare e da lunedì 4 maggio si estendono possibilità di spostamento o incontri tra congiunti e autorizzazioni ad attività professionali.
Sarà una graduale riconquista di abitudini secondo nuove norme di convivenza sociale col virus.
Osservazioni e percezioni a venire con chi si occupa d’informazione on the road: incontro al telefono «dal sofà» con Cecilia Donadio, volto e voce del Tgr Campania Rai3 e della rubrica pomeridiana “Music & The City”, da lei ideata e diretta, che anche nella versione social ospita tutto il mondo della musica dalla Campania in poi.  
  
 

Allora Cecilia,
Due mesi in stand by “casalingo” e uno stato quasi ipnotico di distanza e ansia.
La tua quarantena tra famiglia e redazione: cos’hai conosciuto di te che non sapevi?

Posso dire che mi sono sentita “bipolare”? La mia quarantena mi ha sbalzato come una palla di gomma tra stati emotivi altalenanti e contrastanti. L’incredulità dell’inizio con la fuorviante rassicurazione di qualche esperto che ripeteva “È solo un’influenza” ha lasciato spazio poi a un vero e proprio panico quando la Lombardia è diventata zona rossa e in ogni momento pensavo a mio figlio Michele che ormai vive a Milano. Lui da emigrato responsabile non ha fatto fughe notturne, ma confesso che un paio di volte sono stata tentata di dire “Torna, con qualunque mezzo ma torna!”. Naturalmente ė rimasto un mio pensiero segreto e ora che il ritorno di altri campani dal nord rischia di vanificare i sacrifici fatti fin qui mi auguro che tutti siano responsabili. Tornare va bene se necessario, ma denunciarsi alla Asl obbligatorio e mettersi in autoquarantena indispensabile.
…Comunque io a casa in queste settimane molto yoga, molti balletti con mio marito sul balcone, cucinato frittelle della nonna biscotti senza burro, pizze con farine integrali e torte con zucchero di canna, ho amato il silenzio e la solitudine serale di Posillipo tornando a casa dal lavoro a mezzanotte e mezza, il profumo mai sentito così dei fiori, delle piante e del terreno nel viale di casa mia, e la libertà assoluta della mia colonia felina che si sta godendo come noi l’aria pulita e l’eco del rumore del mare.
 
Un treno di eventi e stati d’animo vissuti alla finestra dei nostri monitor web e tv: contagio, sospensione, famiglia, medici eroi, vittime, decreti, flashmob, Italia unita, aiuti...  
Cosa ti ha sorpreso o impressionato veramente?

Nonostante siamo ormai in Fase 2 non riesco a dimenticare i tg drammatici di marzo, i volti di medici e infermieri, spesso poco più che ragazzi, piagati dalle mascherine dopo ore e ore di reparto intensivo, il caos negli ospedali senza sufficienti posti letto di rianimazione e i medici costretti a scegliere chi curare, non voglio dimenticare la strage dei nonni e delle nonne morti da soli, anime sperdute, in alcuni casi colpevolmente abbandonate e considerate come danni collaterali. E non dimenticherò mai la benedizione di Papa Francesco in Piazza San Pietro, un uomo solo vestito di bianco nel buio della piazza deserta che sembrava portare sulle spalle incurvate tutto il dolore e lo smarrimento del mondo. Giustizia, memoria, spiritualità, amore e cura per gli altri, i più deboli, rispetto per la Terra. Questo ha chiesto il Papa a cattolici e laici.

Ora siamo pronti alla riapertura, anzi alle “riaperture”, preannunciate e diluite per settori commerciali e professionali o per distanze regionali e poi nazionali.
Come ci si prepara a una “nuova normalità”?

Il fatto di non aver mai smesso di lavorare mi ha restituito un po’ di equilibrio anche se nei primi giorni è stata durissima. Entravo in Rai e mi sembrava di entrare in un ospedale. Tutti con guanti e mascherine, e dietro le mascherine sguardi seri, preoccupati di sbagliare le procedure, immaginando il virus sempre in agguato. Poi sai che succede? Ci si abitua. A lavorare distanziati, a tenere le mani pulitissime lontane dal viso, persino a indossare la visiera con la quale le prime volte in regia ho rischiato di svenire. Ora ridiamo anche un po’ di noi stessi, siamo buffi tutti mascherati, gli uomini che cercano disperatamente di domare i capelli lunghi prima di andare in onda, noi donne a cercare comunque un tocco di femminilità utilizzando sopra le mascherine chirurgiche quelle in tessuto. Per noi che non abbiamo mai smesso di andare al lavoro forse sarà più facile rispettare le nuove ordinanze ma è il modo di vivere di tutti che dovrà cambiare.
 
Dovremo rallentare e assumere cambiamenti nei consumi, nei rapporti e nelle urne. Avremo imparato qualcosa da questa pandemia una volta debellata o la gente tornerà ai propri vizi e quando potrà “uscire” davvero, tornerà ad abbracciarsi e radunarsi o ad andare di corsa, sprecare e inquinare?
Io vorrei andare a teatro e a cinema, vorrei incontrare gli amici ai baretti, andare a ballare, alle feste, alle mostre, abbracciare tutti, sentire dal vivo e non via whatsapp il calore e l’affetto delle mie amiche, tornare allo stadio a tifare per il nostro Napoli, programmare la mia estate a Positano.
Cose semplici, normali, che temo mancheranno ancora per un bel po’.
È questa la consapevolezza di oggi. Non mi piace chi minimizza. Troppi contagi, troppe vittime, il mostro sta ancora tra noi. Parlare di riaperture totali e veloci adesso è pericoloso. Chi lo fa in nome dell’economia dimostra che da questa lezione non ha imparato nulla. Ho letto di grossi imprenditori, anche campani, che dopo appena due settimane di stop già parlavano di fallimento, chiusura, licenziamenti. Mi chiedo che solidità abbiano le loro aziende se non possono reggere a un così breve stop. Qualcuno, quando c’è stata la possibilità, invece di riaprire e dare un segnale positivo ai suoi clienti e una speranza ai suoi dipendenti, che ne hanno decretato la fortuna, ha preferito rimanere chiuso e lamentarsi in tv. Altri si sono rimboccati le maniche pronti a ricominciare, con umiltà e dignità. Il loro esempio vince.
 
Primo Maggio “a distanza”.
L’emergenza Coronavirus sta cambiando il mondo del lavoro: le falle del sistema amministrativo e le task “non-force” e lo spettro della disoccupazione...
Il concertone, orfano del live e di piazza San Giovanni, s’è fluidificato tra l’Auditorium della Musica e i tetti o le case degli artisti in giro per Italia e oltre.
Vasco, la Nannini dai tetti su Milano, Zucchero, i Bennato, Patty Smith, Sting e tutti gli altri: quattro ore di testimonianze, racconti e musica live per rendere omaggio ai lavoratori e scongiurare il disagio dei giorni a venire.
«Mai come quest’anno non si tratta di una festa!» ha esordito Ambra Angiolini…

Da anni il Primo Maggio è la Festa del lavoro che non c’è. Oggi è soltanto più evidente. L’economia e la finanza devono rendersene conto. La politica deve reagire. Sarebbe bello se questo azzeramento di tutte le nostre certezze ci portasse a una visione diversa del futuro. Meno diseguaglianze sociali più solidarietà, meno sfruttamento più green economy, divieto assoluto ai “wet market”, più tutela per gli animali e per l’ambiente.
Ma questi c’è l’hanno una visione?
Il covid19 è stato un avviso perentorio planetario: o cambiamo registro o da soli ci avviamo all’autoestinzione. Al momento non ci sono buoni segnali.

Terminiamo con un claim e un hashtag adottati dal mondo dell’advertising e che ci proiettano in una visione ottimista: «il distanziamento è solo fisico, non sarà mai sociale» #TheNewHumanity
Sai con quale frase mi piacerebbe concludere? Con quella del famoso “panaro”, iniziativa che non poteva che nascere a Napoli, che racchiude nelle parole e nel gesto tutto ciò che siamo come popolo.
Ecco, quel panaro dondolante da un balcone del centro storico che da qui ha fatto il giro del mondo, è una bellissima metafora di futuro: «chi può metta, chi non può prenda».

 
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