«Patriarcato, è importante partire dall'educazione affettiva»

Il filosofo Gasparrini: «La società patriarcale è un modo costruire relazioni basate su un potere che deriva da un'immagine tradizionale dei generi»

Protesta femministe
Protesta femministe
di Clara Lacorte
Venerdì 22 Dicembre 2023, 18:39
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Negli ultimi mesi l’espressione «società patriarcale» è piombata nei discorsi, nei talk show e nei giornali nazionali sollevando questioni rimaste tacite per diverso tempo nel nostro Paese. Dopo l’omicidio di Giulia Cecchettin e delle diverse manifestazioni pubbliche che ne sono seguite, la parola “patriarcato” è tornata a dividere la nostra società. Chi si dice convinto che la nostra non sia una realtà patriarcale e rinnega la stessa esistenza della parola e chi, al contrario, afferma con forza la presenza di una struttura familiare fortemente improntata sulla centralità dell’uomo. Al di là di ogni posizione però è necessario fare un passo indietro e capire cos’è davvero il patriarcato e quali danni può provocare alla nostra società.

«La società patriarcale è un modo di costruire relazioni basate su un potere che appunto deriva da un’immagine tradizionale dei generi: maschile e femminile. Patriarcato è quello che si usa quando distinguiamo le cose da "maschio" e le cose da "femmina", ma anche le abitudini. Essere aggressivi, assertivi e volitivi va bene se sei maschio ma va meno bene se sia femmina. Il patriarcato è anche non riuscire a nominare le professioni al femminile perché non siamo abituati a vedere professioniste ricoprire determinati ruoli che genericamente vengono attribuiti a soggetti maschili. Patriarcato è tutte le volte che immaginiamo che un certo atteggiamento non sia adatto ad un genere preciso, perché immaginiamo che quel genere non si comporti così» spiega il filosofo Lorenzo Gasparrini.

L’espressione «patriarcato», così come quella di “matriarcato”, nasce con la produzione antropologica dell’Ottocento per indicare quelle società in cui il potere, soprattutto familiare, viene gestito da un determinato genere. Nel corso del tempo però la stessa espressione ha avuto diversi mutamenti ed è stata applicata a contesti sempre differenti. Se nella sua genesi vi è una concezione maggiormente legata alla sfera familiare, con il tempo lo stesso termine è stato utilizzato per descrivere la composizione sociale in toto. E’ principalmente con gli anni Settanta del Novecento che l’espressione «società patriarcale» verrà utilizzata dai movimenti femministi per sottolineare il dislivello cultuale e in ambito di diritti tra uomo e donna.

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«Alla base del patriarcato vi è un'origine culturale essendo il genere un concetto culturale.

Ogni paese, ogni territorio può avere delle caratteristiche diverse. Nel nostro Paese sono molto forti in quanto vi è una fortissima componente cattolica che resiste a immaginare possibili altri ruoli. Abbiamo poi delle leggi costruite secondo quello che si definisce il modello romano che è molto più lento a cambiare rispetto a quello anglosassone. Quindi, tutte le volte che si vuole introdurre una modifica all’interno della società, la lotta è più complessa in quanto non abbiamo una legge che ne sostituisce un’altra. Dobbiamo ogni volta eliminare gli effetti di una determinata legge da tutto il corpo delle leggi preesistenti, così come è avvenuto con il matrimonio riparatore o il delitto d’onore. Tutti questi elementi fanno sì che il nostro caso sia più ostico» chiarisce Gasparrini.

Ciò che le lotte femministe hanno cercato, a loro tempo, di spiegare è l’esistenza di una mentalità patriarcale che vede l’uomo prevaricare per forza, soprattutto fisica, la donna attraverso una sopraffazione sessuale, mentale e culturale che può sfociare in atti tragici come il femminicidio. Secondo diversi esperti, ed è proprio di questo che si parla nelle ultime settimane, esiste una palese educazione patriarcale all’interno dei contesti familiari che porta i bambini, futuri uomini, a manifestare una visione prepotente nei confronti del genere femminile. Una prepotenza che ha, in alcuni casi più allarmanti, come chiara manifestazione la violenza fisica e psicologica. Se in casa si è abituati a vedere atteggiamenti di sopraffazione rispetto al genere femminile, allora è molto probabile che questi stessi comportamenti vengano riproposti all’interno del sistema familiare futuro o delle più semplici relazione uomo-donna. Sarebbe opportuno, infatti, partire proprio dal sistema educativo introducendo nelle scuole corsi di affettività e sessualità con il fine di sensibilizzare, fin da bambini, verso tali tematiche. Ma certamente questo non basta, è necessario cercare ogni giorno di smantellare fin dalle radici più antiche un codice datato che mal si adatta ormai alla nostra società. D’altro canto pensare che il patriarcato possa sparire per sempre è un’illusione alla quale non ci si può aggrappare.

«Il patriarcato non è un qualcosa che crolla ed al suo posto ne arriva un altro diverso. C’è una trasformazione da fare e dobbiamo lavorare proprio per trasformare queste posizioni di potere in altro» chiarisce Gasparrini e aggiunge «bisogna parlare più spesso di questi problemi e quindi imparare un lessico migliore. Ancora oggi ci sono persone che affermano che il patriarcato non esiste, pensano che questa sia un’accusa rivolta a tutto il genere maschile. Queste sono affermazioni false. Il primo passo da fare è parlare di questi temi non solo a scuola, ma anche in ufficio, al bar».

Sensibilizzare, parlare ed educare sono solo alcuni dei passi che si possono compiere per attuare un cambiamento verso una maggiore uguaglianza tra i generi in ogni settore della società. «Ciò che ci dice se un cambiamento c’è stato è la sua durata nel tempo, la consistenza. Paleremo di consapevolezza sociale se non ci sarà bisogno ogni volta di alzare la sensibilità comune, come nel caso di Cecchettin. Quando non ci sarà bisogno di sottolineare determinati atteggiamenti allora significherà che un cambiamento è avvenuto» conclude Gasparrini.

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