Ama, la beffa dei 50 netturbini pagati per non lavorare: non possono usare i mezzi (guasti) per ritirare i rifiuti

Rallentati i turni per il ritiro dei rifiuti soprattutto al Tiburtino e lungo la Casilina

Ama, la beffa dei 50 netturbini pagati per non lavorare: non possono usare i mezzi (guasti) per ritirare i rifiuti
Ama, la beffa dei 50 netturbini pagati per non lavorare: non possono usare i mezzi (guasti) per ritirare i rifiuti
di Francesco Pacifico
Venerdì 6 Ottobre 2023, 00:07 - Ultimo agg. 13:55
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Ogni giorno quasi una cinquantina di autisti di Ama è costretta a non lavorare. A restare letteralmente ferma negli stabilimenti dove sono assegnati, perché mancano i mezzi sui quali salire per fare i giri di ritiro della spazzatura. In estrema sintesi, i camion sono rotti - e sono bloccati in officina - e i dipendenti, pur pagati, sono impossibilitati a fare il lavoro per il quale sono pagati. Secondo un sindacalista di vecchio corso, «adesso la situazione è migliorata: in primavera avevamo anche cento autisti fermi nelle cinque rimesse, che non potevano guidare i camion perché questi non erano disponibili. Chiaramente, la cosa crea ripercussioni sul servizio». 

L’effetto manutenzioni

Questa vicenda è l’ultima coda dei disagi causati al servizio di raccolta dei rifiuti dai ritardi registrati da Ama nelle manutenzioni della flotta: sia nelle officine interne sia in quelle esterne. Nei mesi scorsi il presidente di Ama, Daniele Pace, denunciò che in alcune giornate era disponibile appena il 40 per cento dei mezzi: il resto era in riparazione. Una situazione che ha spinto la municipalizzata di via Calderon de La Barca a prendere decisioni molto drastiche: sono stati licenziati un dirigente e un quadro - i quali hanno respinto le accuse - per non aver controllato lo stato delle lavorazione; l’azienda ha chiesto l’intervento della magistratura segnalando che alcuni preventivi dei fornitori esterni erano fuori norma; è stato dato mandato a un colosso mondiale della sicurezza di affiancare l’audit interno per capire che cosa sta davvero succedendo all’interno delle officine.
Su questo fronte sono stati fatti molti passi avanti, ma ce ne sono ancora altrettanti da realizzare: martedì scorso, stando a dati che trapelano da via Calderon de La Barca, i mezzi fermi per il turno della mattina erano 246 su 596 totali, circa il 40 per cento della flotta.

La percentuale rispetto alla primavera scorsa si è invertita, ma resta sempre quasi un mezzo su due indisponibile. Ma questi numeri, da solo, dicono poco. Sempre nella giornata di martedì erano tutte arruolabili alla causa, per esempio, le cosiddette macchine madri, i camion indispensabili per conferire i rifiuti negli impianti di lavorazione. Invece c’erano una novantina di Csl, i compattatori a tre assi, non impiegabili. Parliamo dei mezzi a caricamento laterale, impiegati principalmente nello svuotamento dei cassonetti stradali. 

Dall’azienda, informalmente, minimizzano l’impatto, spiegando di «avere più camion rispetto ai servizi necessari». Fatto sta che questa situazione - stando a quanto segnalano i sindacati - comporta non solo il non poter utilizzare una cinquantina di autisti su 350 totali, pur pagandoli, ma anche ritardi nei giri di raccolta. Come si vede dai secchioni spesso pieni nella zona Est della Capitale, soprattutto sui versanti della Tiburtina e della Casilina. Proprio per superare i ritardi nelle manutenzioni, i vertici dell’azienda - anche su spinta del nuovo dg Alessandro Filippi- hanno intensificato le verifiche sui tempi delle lavorazioni, vagliando l’avanzamento delle riparazioni così come l’acquisto dei pezzi di ricambio. Senza dimenticare poi l’accelerazione al bando per comprare nuovi mezzi: Invitalia, in qualità di stazione appaltante, sta per pubblicare il bando per l’acquisto di 148 camion, dopo lo stop alla gara precedente.

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