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Messina Denaro, la famiglia che lo copriva: «Una sigaretta con Matteo»

Il bunker è di proprietà di Errico Risalvato, indagato e poi assolto per mafia nel 2001

La famiglia che lo copriva: «Una sigaretta con Matteo»
La famiglia che lo copriva: «Una sigaretta con Matteo»
di Riccardo Lo Verso
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 19 Gennaio 2023, 00:06 - Ultimo agg. : 11:22
4 Minuti di Lettura

PALERMO A volte ritornano. O probabilmente non se n’erano mai andati. La scoperta del secondo rifugio di Matteo Messina Denaro catapulta nel presente figure del passato. La palazzina ai civici 32 e 34 di via Maggiore Toselli, a Campobello di Mazara, dove è stata individuata una camera blindata, appartiene alla famiglia di Errico Risalvato, 71 anni. Cognome noto, il suo, alle cronache giudiziarie e agli archivi della Direzione distrettuale antimafia di Palermo. Ex consigliere comunale a Castelvetrano, la città natale di Messina Denaro, nel 2001 fu assolto in un processo per associazione mafiosa. La Procura di Palermo avrebbe voluto che venisse condannato a 11 anni di carcere. Riteneva che fosse una pedina importante dell’esercito del padrino latitante, senza il quale era impossibile comandare a distanza. 

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I 19 NOMI
Per un po’ Risalvato uscì fuori dai radar per rientrarvi nel 2019. Gli investigatori setacciavano il territorio trapanese. Di tanto in tanto eseguivano perquisizioni a tappeto. Un modo per tentare di stanare il latitante, sperando in una sua reazione, un passo falso. Perlustravano case, garage, magazzini di soggetti che in passato avevano avuto a che fare con il latitante. In quell’anno gli inquirenti si concentrarono su diciannove persone. Tra queste c’era Errico Risalvato, non solo per il vecchio processo da cui uscì indenne, ma pure per l’amicizia che lo lega alla famiglia di Salvatore Messina Denaro, fratello del latitante, uno dei tanti parenti del padrino finiti in carcere. 
C’è un’altra parentela che merita, allora come oggi, di essere passata ai raggi X. Errico Risalvato è fratello di Giovanni. 


LA POLVERE
Le loro storie giudiziarie hanno avuto esiti opposti. Assolto il primo, condannato a 14 anni e mezzo il secondo. Una pena che ha finito di scontare da poco. Ora è di nuovo un uomo libero. È soprannominato “Vanni pruvulazzo”. “Vanni la polvere”, come quella che si sollevava nello stabilimento di calcestruzzo che gestiva a Castelvetrano prima di finire nei guai giudiziari. Vanni era mafioso fin nel midollo. I suoi dialoghi intercettati facevano emergere la venerazione verso il latitante. Era disposto a lasciare tutto, lavoro e famiglia, per seguirlo anche in capo al mondo. «Meglio un giorno da leone che cent’anni da pecora… me ne vado con lui. Me ne sto fregando», diceva. «E lui mi ha scritto, l’altra volta mi ha detto, dice “io ti ringrazio… e so che lo fai con tutto il cuore, però mi puoi aiutare di più da lì che… aiuto non me ne puoi dare, da lì mi puoi aiutare”», aggiungeva svelando di avere avuto un contatto con il latitante. Tramite pizzini, naturalmente. A scriverli era stato Messina Denaro in persona. Senza alcun intermediario, a testimoniare il rapporto di fiducia che li legava. A Vanni Risalvato veniva il magone pensando al capo infrattato chissà dove, mentre lui tornava a casa e trovava «un piatto di pasta». Non gli restava che la nostalgia dei tempi passati, quando era possibile stare assieme. Non solo messaggi: «Chissà cosa pagherei per fumarmi un pacchetto di sigarette con lui… una volta ce ne siamo fumati una stecca». Forse anche allora erano marca Merit, come quelle trovate nel nido d’amore di Aspra, una frazione marinara della provincia di Palermo. 


PUZZLE E VIDEOGAME
Era il 1997, le forze dell’ordine arrivarono nel piccolo appartamento quando Messina Denaro e una donna si erano già dileguati. Trovarono un puzzle sul tavolo, un videogioco Nintendo, cibo pregiato e sigarette Merit. La stessa marca del pacchetto rinvenuto nella camera blindata di Campobello di Mazara. È solo una coincidenza? 


Ancor prima dei figli le ombre si erano addensate sul papà dei Risalvato, Antonino. Il suo nome era legato alla latitanza di don Ciccio Messina Denaro, il padre di Matteo. Quando morì, nel 1998, una telefonata anonima avvertì che il suo corpo si trovava in campagna. Era latitante, come il figlio e prima del figlio. 
Dopo i Risalvato si pesca nella lista delle vecchie conoscenze dei Messina Denaro. Negli elenchi di chi ne ha condiviso il percorso criminale o l’amicizia. I carabinieri sono a caccia di altri covi o rifugi. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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