Versano in condizioni disperate, padre e figlio. Il primo, Antonello Francavilla, classe 1977, boss di peso della “società foggiana” all’ospedale di Anzio, il secondo - 15 anni appena - al policlinico Gemelli. Francavilla era l’obiettivo di due sicari che mercoledì mattina, spacciandosi per poliziotti, hanno bussato alla sua porta - un piccolo appartamento alla periferia di Nettuno scelto come “buen retiro” per scontare i domiciliari lontano da Foggia - e gli hanno esploso contro quattro colpi per poi passare al ragazzo. Il figlio, arrivato dalla Puglia solo domenica, ha provato a mettersi al riparo ma una certa mala, evidentemente, non si fa scrupoli e così i killer lo hanno colpito alla testa e al torace.
Da dove nasce l'agguato
Ma da dove nasce l’agguato e perché? Le domande sono molte e le risposte finora in mano alla Squadra Mobile troppo poche. L’ipotesi più accreditata è quella per cui il tentato omicidio sia stato deciso a Foggia ma messo in atto da sicari del posto. Se questo si dimostrasse vero, bisognerebbe riavvolgere il nastro e partire da un racconto: quello sulla “società foggiana”. Un’associazione criminale che opera come una triade per mano delle famiglie “Sinesi-Francavilla”, “Trisciuoglio” e Moretti-Pellegrino-Lanza”, abili a fare affari ma anche a svuotarsi contro interi caricatori, senza che gli equilibri, i vincoli parentali pure stretti, la ponderatezza abbiano mai contribuito a costruire un qualcosa di organico.
Nel corso degli ultimi trent’anni le tre famiglie, attive nel traffico di droga e nelle estorsioni, sono arrivate più di una volta a farsi la guerra, lasciando in strada morti e feriti. Gli ultimi fatti di sangue che potrebbero spiegare l’agguato di mercoledì - se di vendetta si trattasse - portano in calce la data del settembre e ottobre 2016 quando i fratelli Giuseppe e Fabio Trisciuoglio rimasero vittime di un duplice tentato omicidio orchestrato dalla “batteria” Sinesi-Francavilla per rispondere all’agguato messo in atto contro il suocero di Antonello, Roberto Sinesi. Il duplice omicidio fallì e qualche settimana più tardi il gruppo se la riprese con la terza “batteria”, quella dei Moretti-Pellegrino-Lanza uccidendo Roberto Tizzano.
Agguato a Nettuno, l’amica del boss: «L’ho salvato, era come nel Bronx»
In mezzo però ci sono anche gli affari. Negli ultimi anni le operazioni di polizia e carabinieri in quel di Foggia - a partire dalla “Decima bis” del novembre 2020 - hanno azzerato i vertici delle tre famiglie portando in carcere i principali boss. Solo Antonello Francavilla era ai domiciliari - tra l’altro in scadenza il 3 aprile - mentre sul territorio erano rimaste le retrovie. Considerata dunque la scarsa cautela della “società foggiana”, è ipotizzabile che se l’agguato di Nettuno fosse riuscito, avrebbe fatto piazza pulita del “vecchio” e permesso alle nuove leve di prendersi il sistema appianando anche debiti, “tangenti” o spese di “sostentamento” non spartite dal Francavilla con gli altri. Le indagini vanno avanti, i killer potrebbero essere stati ripresi dalla videocamera di una villa all’inizio della via, ma si sta lavorando anche per “cristallizzare” la vita di Francavilla nell’ultimo anno. Ieri sono stati sentiti i familiari e altri testimoni. La scelta di traslocare a Nettuno potrebbe preludere a un “trasferimento” di affari da Foggia al litorale, intessendo rapporti e patti con la criminalità organizzata locale. Di fatto però a renderla possibile è stato un amico foggiano di vecchia data, da anni residente a Nettuno, che ha fatto da tramite tra l’uomo e la proprietaria dell’appartamento dov’è stato colpito.