E’ arrivato al microfono con due ore di ritardo, ma Joe Biden è apparso combattivo e lucido. Il discorso in cui ha spiegato le ragioni e il risultato dell’uscita dall’Afghanistan, la sera prima, è stato un appuntamento storico, un momento di alto valore simbolico: «E’ la fine di un’era. Dobbiamo ora guardare alle minacce di oggi e a quelle del futuro» ha spiegato. Gli Usa, ha ricordato, erano andati in Afghanistan per sconfiggere Al Qaeda, colpevole degli attentati dell’Undici Settembre: «E’ una missione che abbiamo concluso 10 anni fa, con la presa di Osama bin Laden. Eppure siamo rimasti altri dieci anni. Ma non ero pronto a rimanere altri dieci. Mi ero impegnato con il popolo americano a finire quella guerra e oggi vi dico: è finita».
IL SUCCESSO
Biden ha sottolineato il grande successo dell’evacuazione, che ha visto «diplomatici, soldati, membri dell’intelligence, volontari, e forze alleate rischiare la vita per salvare le vite di americani e amici».
IL PAESE SPACCATO
Comunque sia stato ricevuto il discorso di ieri, resta nel Paese un’opinione pubblica divisa. Se la maggioranza finora è stata d’accordo a lasciare l’Afghanistan, una maggioranza anche più vasta e chiaramente bipartisan non voleva che i soldati si lasciassero dietro dei cittadini americani o anche degli afghani amici e collaboratori. Ora gli Usa non hanno più nessuna presenza a Kabul, e le operazioni consolari sono state spostate a Doha, nel Qatar. L’ex ambasciatore, John Bass, guiderà personalmente un ufficio del Dipartimento di Stato interamente dedicato a tentare il salvataggio di chi è rimasto in Afghanistan. Ovvia è la paura che i talebani non mantengano le promesse di dialogo e che vogliano trattenere questi individui come pedine di scambio o veri e propri ostaggi. Il presidente può dire che gli Usa hanno «leve e strumenti» per obbligare gli studenti coranici a trattare, ma a loro volta quelli hanno nelle loro mani la vita di persone che stanno molto a cuore alla Casa Bianca. Alcuni repubblicani continuano a invocare le dimissioni di Biden, e Donald Trump si è fatto risentire con la sua solita enfasi, e ha sostenuto che «bisognava colpire l‘Afghanistan anni fa, molto duramente, e poi lasciarlo marcire». Ma anche fra i democratici qualcuno suggerisce sottovoce che forse sarebbe una buona idea chiedere le dimissioni del ministro della Difesa Lloyd Austin e del segretario di Stato Tony Blinken, i due membri del “Consiglio di Guerra” più direttamente responsabili della ritirata, Lloyd dal punto di vista militare e Blinken da quello diplomatico.
GLI AIUTI
Biden tuttavia è noto per essere moto leale verso i suoi collaboratori, e alcuni commentatori più ottimisti pensano che eventuali ricadute positive per il presidente evaporeranno, sempre che dall’Afghanistan non vengano problemi, per esempio attentati terroristici, e che le decine di migliaia di profughi accolti nel Paese riescano a essere assimilati senza incidenti. Per i 6000 americani riportati a casa, il Senato ieri ha votato una piacevole sorpresa: un pacchetto di aiuti finanziari che li sosterrà dopo l’avventura del ritorno.