LA GUERRA

Israele chiude 30 ambasciate in tutto il mondo (tra cui Roma) per le minacce iraniane. Hezbollah: «Teheran risponderà, svolta nella guerra»

Chiusa l'ambasciata israeliana a Roma: timori per minacce iraniane dopo il raid su Damasco
Chiusa l'ambasciata israeliana a Roma: timori per minacce iraniane dopo il raid su Damasco
Venerdì 5 Aprile 2024, 13:38 - Ultimo agg. 6 Aprile, 00:22

Israele chiude le ambasciate (anche a Roma)

Dove, come e quando lo deciderà la guida suprema Ali Khamenei, ma «l'Iran risponderà. Senza dubbio». Il leader degli Hezbollah libanesi, Hasan Nasrallah, torna a farsi portavoce della minaccia di vendetta degli ayatollah contro Israele: l'attacco al consolato iraniano a Damasco che ha ucciso alti funzionari dei Pasdaran rappresenta «una svolta nella guerra in corso» e non resterà impunito. Lo Stato ebraico, in allerta da giorni per una possibile rappresaglia iraniana, ha deciso - riferisce Haaretz - di chiudere per precauzione circa 30 ambasciate nel timore di attentati, compresa la sede diplomatica di Roma, nei pressi di Villa Borghese, e di rafforzare le misure di sicurezza in tutte le istituzioni israeliane nel mondo. A Teheran intanto in migliaia hanno partecipato ai funerali dei sette Guardiani della rivoluzione uccisi nel raid del primo aprile, mai rivendicato da Israele, che ha centrato l'edificio consolare iraniano. Al grido di 'Morte all'Americà e 'Morte a Israelè, le esequie si sono presto tramutate nell'ennesima dimostrazione di rabbia, in coincidenza con la Giornata internazionale per Gerusalemme, ricorrenza istituita con la rivoluzione islamica del 1979 per manifestare il sostegno alla Palestina nell'ultimo venerdì di Ramadan. La fine del mese sacro per i musulmani, che volge al termine in un clima di altissima tensione ma senza particolari incidenti anche sulla Spianata delle Moschee, è però un'ulteriore fonte di preoccupazione per Israele che, a sei mesi esatti dall'attacco di Hamas del 7 ottobre, teme un altro Shabbat nero. La guerra nella regione «è entrata in una nuova fase», ha avvertito ancora Nasrallah, annunciando di non voler interrompere le ostilità al confine sud del Libano contro Israele «per sostenere la resistenza a Gaza». Finora «abbiamo impiegato solo una minima parte delle nostre forze, i nostri combattenti non lavorano a pieno ritmo: anche le armi, ne abbiamo usate pochissime», ha ammonito con toni minacciosi che le milizie filoiraniane si sono però guardate, fino a questo momento, di tradurre in una vera e propria guerra che il Paese dei cedri, in profonda crisi economica, non potrebbe sopportare. Anche l'Iran sembra voler evitare uno scontro diretto con Israele, utilizzando piuttosto i gruppi sciiti anti-occidentali, come appunto gli Hezbollah o gli Houthi yemeniti che continuano a prendere di mira le navi mercantili nel Mar Rosso. Ma l'onta di Damasco deve essere lavata: «Non c'è modo di salvare i sionisti, non possono scegliere tra morte e vita, la loro opzione è la resa», ha tuonato ai funerali il comandante dei Pasdaran, il maggior generale Hossein Salami. «Siamo certi che questo sentimento che viene dal cuore porterà alla distruzione del regime sionista», gli ha fatto eco il presidente iraniano, Ebrahim Raisi, nel corso delle celebrazioni a Teheran. «I crimini del regime sionista vanno avanti da 75 anni e, se Dio vuole, ci sarà una vittoria finale da parte del popolo palestinese e dei musulmani». L'esercito israeliano ha garantito di essere «pronto a ogni scenario», e ha elencato una serie di misure «difensive e offensive» anche per rassicurare la popolazione. Il timore è però anche quello di azioni ad ampio raggio, in particolare nei Paesi amici di Israele, dove appunto sono state chiuse le ambasciate. Sulla scia di un antisemitismo che, dall'avvio della guerra dello Stato ebraico a Gaza in risposta al massacro del 7 ottobre, ha rialzato la testa in Europa e in Occidente. L'ultimo episodio: una molotov è stata lanciata contro la porta di una sinagoga a Oldenburg, nel nord della Germania, senza causare feriti.

Biden: bene Israele su aiuti a Gaza

«Israele sta facendo quello che ho chiesto sugli aiuti a Gaza». Lo ha detto il presidente Usa Joe Biden riferendosi alla riapertura del valico di Erez.

 

Hezbollah: Iran risponderà a Israele, l'attacco al consolato di Damasco rappresenta una svolta nella guerra

«L'Iran risponderà senza dubbio all'attacco israeliano contro il consolato iraniano a Damasco»: lo ha detto il leader degli Hezbollah libanesi, Hasan Nasrallah, in un discorso televisivo. «Solo Khamenei può decidere come, quando e dove ci sarà la risposta dell'Iran a Israele», ha aggiunto Nasrallah riferendosi al leader iraniano. «L'attacco al consolato (iraniano di Damasco) costituisce una svolta nella guerra in corso e la regione è entrata in una nuova fase», ha detto Nasrallah. 

Dove e come entrano gli aiuti umanitari a Gaza? I tre valichi attualmente aperti

La Striscia di Gaza ha attualmente solo tre valichi con il mondo esterno. Il primo è Erez, che si trova alla frontiera nord con Israele; il secondo è Kerem Shalom, ad est, riservato solo al transito delle merci (da lì escono ed entrano i prodotti sia per l'Egitto e sia per Israele); il terzo è quello di Rafah con l'Egitto, a sud dell'enclave palestinese.

I tre valichi rappresentano i canali di collegamento per il territorio palestinese che ha una superfice di 365 Km quadrati in tutto.

Dal nord di Gaza, al confine con Israele, fino al sud, a ridosso dell'Egitto, la distanza è di circa 40 km in linea d'aria. La larghezza della Striscia dal Mar Mediterraneo al confine con lo Stato ebraico è nel suo punto più ampio di 12 km. Nella Striscia vivono - secondo gli ultimi dati disponibili - poco più di 2 milioni di abitanti. Costruito a ridosso della linea armistiziale del 1950, il valico di Erez - usato da chi vuole entrare o uscire nell'enclave da Israele e che vedeva il flusso dei lavoratori di Gaza impiegati nello Stato ebraico o di chi si curava fuori dall'enclave - è stato chiuso subito dopo l'attacco di Hamas del 7 ottobre. Erez ha un doppio controllo: quello israeliano per il primo accesso e quello dell'Autorità nazionale palestinese per il secondo. Infine si arriva al posto di polizia di Hamas. Il valico è stato ora riaperto a circa 6 mesi dall'inizio del conflitto per aumentare gli aiuti umanitari nella Striscia che saranno sbarcati al porto di Ashdod, città costiera di Israele non molto distante. Il valico di Kerem Shalom ha un complesso sistema di sicurezza israeliano che controlla le merci in uscita e in entrata e ne blocca il transito se ci sono problemi. Infine quello di Rafah con l'Egitto è stato finora il punto principale di ingresso degli aiuti umanitari dopo il controllo da parte di Israele. Una parte degli ostaggi israeliani rilasciati da Hamas nella prima tregua fu portato a Rafah e da lì rientrò in Israele tramite il valico di Nitzana tra i due Paesi, che non riguarda la Striscia.

Polonia consegna ad ambasciatore israeliano nota diplomatica di protesta per morti a Gaza

Il ministero degli Esteri polacco ha consegnato una nota diplomatica di protesta all'ambasciatore israeliano in seguito alla morte a Gaza di sette persone, tra cui un cittadino polacco, nell'attacco di lunedì contro un convoglio umanitario del World Central Kitchen. Il viceministro della Difesa Andrzej Szejna ha affermato che l'ambasciatore Yacov Livne si è scusato per la morte dei lavoratori dell'organizzazione, tra cui il trentacinquenne polacco Damian Soból, durante un incontro al ministero degli Esteri. L'ambasciatore israeliano non sarà espulso dal Paese. Livne è stato criticato per la sua reazione alla morte degli operatori umanitari. Ha ripetutamente espresso il profondo rammarico di Israele, ma ha respinto le accuse secondo cui l'attacco costituiva un crimine di guerra. L'ambasciatore ha accusato il vicepresidente del parlamento polacco di estrema destra, Krzysztof Bosak, di essere antisemita per aver lanciato tale accusa. Il presidente polacco Andrzej Duda ha definito l'ambasciatore il problema più grande per le relazioni tra i due paesi. Szejna ha afferma che la Polonia si aspetta che Israele conduca un'indagine trasparente sull'attacco e paghi un risarcimento alla famiglia di Soból.

Iran, necessarie misure punitive contro Israele

L'Iran ha chiesto «efficaci misure preventive e azioni punitive» contro Israele per «il genocidio e le uccisioni di massa da parte del regime sionista a Gaza».

Lo ha affermato il ministro degli Esteri iraniano, Hossein Amirabdollahian, in una nota in occasione del Quds (Gerusalemme) Day, ricorrenza legata al sostegno alla Palestina e all'opposizione a Israele, che viene osservata nell'ultimo venerdì del ramadan. «Queste atrocità dovrebbero essere messe in evidenza davanti alle assemblee internazionali, al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite e alla Corte Penale internazionale», ha detto Amirabdollahian, chiedendo di mettere in pratica azioni punitive contro Tel Aviv. Secondo quanto riporta Irna, il capo della Diplomazia di Teheran ha puntato il dito anche contro gli Usa, che hanno un «evidente ruolo per portare avanti il conflitto» e non contribuiscono alla risoluzione. 

Israele: da Onu nessuna menzione di Hamas e dei crimini

«Una risoluzione anti-israeliana» che «non menziona Hamas nè i suoi crimini del 7 ottobre» per la quale l'ambasciatore, Merav Ilon Shahar, ha abbandonato la sessione plenaria in segno di protesta. Così il ministero degli esteri israeliano ha bollato la risoluzione approvata a Ginevra dal Consiglio dei diritti umani dell'Onu. «Nel testo - ha aggiunto - si equiparano gli ostaggi a detenuti sospettati di attività terroristica». Inoltre, «va contro il diritto di Israele di difendersi» e prevede un embargo «sulle armi a Israele mentre ignora in modo offensivo la fornitura di armi a Hamas da parte dell'Iran e dei suoi alleati».

Onu, Israele sia ritenuto responsabile di crimini di guerra

Il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha adottato una risoluzione che chiede che Israele sia ritenuto responsabile di eventuali crimini di guerra e crimini contro l'umanità commessi a Gaza. Ventotto paesi hanno votato a favore, 13 si sono astenuti e sei hanno votato contro la risoluzione. Lo riporta Sky News. Nella risoluzione si chiede anche il divieto di armi a Israele, a causa della sua condotta nella guerra a Gaza. Prima del voto, scrive la Bbc, si sono verificate delle spaccature tra i Paesi europei, con Germania e Bulgaria che hanno dichiarato che avrebbero votato contro perché la risoluzione non condannava esplicitamente Hamas anche se condannava il lancio di razzi su Israele da Gaza e chiedeva il rilascio degli ostaggi. La Francia si è astenuta, definendo «catastrofica» la situazione umanitaria a Gaza. Il voto, pur non essendo vincolante, proviene dal principale organismo delle Nazioni Unite per i diritti umani e aumenterà la pressione diplomatica su Israele affinché cambi rotta.

L'ong Wck chiede indagine indipendente

«Rappresentano una magra consolazione» le scuse che le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno fornito per l'attacco al convoglio di World Central Kitchen costato la vita a sette operatori umanitari. Lo ha dichiarato l'amministratore delegato di Wck Erin Gore, definendo comunque «importanti passi in avanti» il fatto che le Forze di difesa di Israele si siano assunte la responsabilità del raid e stiano adottando misure disciplinari contro le persone coinvolte. Ma «serve una indagine indipendente» e anche «un cambiamento sistemico per evitare altri fallimenti militari». Perché «allo stesso tempo è anche chiaro, dalle loro indagini preliminari, che l'Idf ha messo in campo una forza letale senza tenere conto dei propri protocolli, della catena di comando e delle regole di ingaggio», ha sottolineato Gore. «Le Idf hanno riconosciuto che le nostre squadre hanno seguito tutte le procedure di comunicazione adeguate», ha aggiunto Gore evidenziando il fatto che «il video dell'Idf non mostra alcun motivo per sparare sul nostro convoglio, che non trasportava armi e non rappresentava alcuna minaccia». In una nota la Wck ha poi affermato che, senza un cambiamento strutturale, «ci saranno altri fallimenti militari, più scuse e più famiglie in lutto». L'organizzazione non governativa ha chiesto che venga formata una commissione indipendente per indagare sugli omicidi, insistendo che l'Idf non è in grado di «indagare in modo credibile il proprio fallimento a Gaza».

Israele: attacco a Wck grave errore, via i responsabili

I risultati dell'inchiesta dell'esercito sull'uccisione dei 7 operatori umanitari a Gaza hanno mostrato «che quell'incidente non sarebbe dovuto accadere» ed è «contrario agli standard operativi». «Coloro che hanno approvato il raid - ha continuato l'indagine presentata al capo di stato maggiore Herzi Halevi - erano convinti di colpire operativi armati di Hamas e non impiegati di World Central Kitchen (Wck)». «L'attacco - si spiega - è un grave errore che deriva da una seria mancanza dovuta ad un'identificazione errata, a errori nelle decisioni e a un attacco contrario a standard operativi». L'Idf «solleverà i responsabili».

Tra i sollevati dall'incarico, ci sono i diretti responsabili dell'attacco tra cui il comandante dell'unità di fuoco, un maggiore, un colonnello della riserva e il capo dello staff della Brigata. Una nota di riprovazione è stata inviata anche al Comandante del Fronte sud dell'esercito. L'Idf ha poi ricostruito quanto accaduto lo scorso 1 aprile in base alle risultanze dell'indagine. «Le forze dell'ordine - è scritto - hanno identificato un uomo armato su uno dei camion degli aiuti e subito dopo un altro ancora». Dopo che le 3 auto hanno lasciato il deposito dove erano stati scaricati gli aiuti, «uno dei comandanti ha erroneamente pensato che gli uomini armati si trovassero all'interno delle auto e che si trattasse di terroristi di Hamas. Le forze dell'ordine non hanno identificato i veicoli in questione come associati al Wck». «A seguito di un'errata identificazione da parte delle forze dell'ordine, le forze armate - si prosegue - hanno preso di mira i tre veicoli della WCK sulla base dell'errata classificazione dell'evento e dell'errata identificazione dei veicoli come aventi a bordo agenti di Hamas, con il conseguente attacco che ha portato alla morte di sette operatori umanitari innocenti». I risultati dell'indagine son stati già presentati ai responsabili del Wck e agli ambasciatori internazionali. 

Circa 30 ambasciate israeliane al mondo chiuse

Circa 30 ambasciate israeliane sono state chiuse nel mondo nel timore di attacchi per le minacce iraniane in seguito al raid al consolato iraniano a Damasco che ha ucciso alti funzionari di Teheran. Lo ha riferito Haaretz che ha citato una fonte diplomatica secondo cui le misure di sicurezza sono state accresciute in tutte le istituzioni israeliane nel mondo dallo scorso 7 ottobre.

 

 

Chiusa l'ambasciata israeliana a Roma vicino Villa Borghese

È stata chiusa, a quanto si apprende, la sede dell' ambasciata israeliana a Roma in via Michele Mercati, nei pressi di Villa Borghese.

Come in altre sedi diplomatiche di Tel Aviv, l'allarme è scattato in seguito alle notizie su possibili attacchi in seguito al raid al consolato iraniano a Damasco.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden si sono sentiti al telefono: la priorità deve essere proteggere gli operatori umanitari e i civili, ha sottolineato il presidente Usa. Israele ha annunciato l'apertura di due rotte, all'interno del territorio di Gaza, per gli aiuti ai civili: la frontiera di Erez e il porto di Ashdod. Verrà incrementato anche il passaggio di aiuti dalla Giordania, attraverso il  confine meridionale di Kerem Shalom. 

Il direttore della Cia William J. Burns sarà al Cairo per riavviare i colloqui sul rilascio degli ostaggi israeliani.

Israele è in allerta per possibili attacchi dall'Iran. Arrivano, infatti, minacce da Teheran dopo il raid attribuito allo Stato ebraico che ha raso al suolo un consolato a Damasco che ha ucciso alti comandanti delle Guardie Rivoluzionarie iraniane di cui oggi si tengono i funerali. Per il timore di attentati Isralele ha chiuso anche la sua ambasciata a Roma, ha sospeso il congedo per le truppe combattenti e ha rafforzato le difese aeree per far fronte a possibili attacchi missilistici o con droni.

La decisione di chiudere una trentina di ambasciate sarebbe stata presa dal ministero degli Esteri in accordo con lo Shin bet, l'intelligence israeliana. Lo riferiscono i media israeliani.

Oggi si esamina una bozza sull’embargo sulle armi a Israele ed è il primo voto del Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite. Se la bozza di risoluzione venisse adottata, sarebbe la prima volta che il massimo organo delle Nazioni Unite per i diritti umani prende posizione sulla guerra a Gaza. Il governo britannico sta decidendo se sospendere le vendite di armi a Israele.

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