Musumeci: «Non vogliamo lo scontro ma così toghe non credibili»

Il ministro FdI: "Dimissioni di Santanchè in caso di rinvio a giudizio? Non sarebbe da Stato di diritto»

Musumeci: «Non vogliamo lo scontro ma così toghe non credibili»
di Andrea Bulleri
Lunedì 10 Luglio 2023, 00:02 - Ultimo agg. 14:31
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Ministro Musumeci, il governo va allo scontro con i magistrati?
«Non è così. La tensione tra politica e una parte della magistratura è un tema antico e spesso ricorrente. Credo che questo esecutivo non abbia manifestato alcun interesse ad alimentare lo scontro, ha solo avanzato una legittima perplessità dettata dalla peculiarità degli ultimi fatti. Mi riferisco alle vicende Santanchè e Delmastro. Dopodiché, che all’interno del sindacato dei magistrati ci sia una componente politicizzata ben organizzata, che da tempo guarda con particolare livore al centrodestra e ai suoi rappresentanti, credo non sia una sorpresa». 


Vede il rischio di una dichiarazione di guerra da parte di alcune toghe?
«Bisogna sempre avere fiducia nella magistratura, anche quando perde credibilità, come negli ultimi anni. Confidando che la parte migliore, quella che impronta la propria azione a spirito di responsabilità e imparzialità, come dovrebbe sempre far ogni magistrato, sia prevalente rispetto alla componente politicizzata. Che poi la passione del dibattito possa degenerare in polemica, è un fatto che bisognerebbe evitare da tutte e due le parti. Anche se in alcuni momenti la passione prevale».


Sta dicendo che bisognerebbe abbassare i toni?
«Certo. I toni accesi e lo spirito di vendetta non servono ad ambedue le parti. Non c’è dubbio che questo governo abbia sempre creduto nella funzione insopprimibile della magistratura. Ma non può essere accusato di invasione di campo se, democraticamente eletto, decide di varare una riforma dell’ordinamento giudiziario».


Separazione delle carriere: bisogna accelerare?
«Era uno degli obiettivi programmatici del centrodestra in campagna elettorale. E gli impegni con gli elettori si mantengono. Una riforma in tal senso renderebbe più credibile la magistratura e più autorevole la politica».


Da sottosegretario nel governo Berlusconi IV ha vissuto la stagione dello scontro le toghe. Vede un ritorno a quel periodo? 
«Temo che la stagione berlusconiana non abbia insegnato nulla. Nessuno si augura di arrivare alla drammaticità di quegli eventi. Ma un governo ha il diritto di portare avanti le riforme e il magistrato ha il dovere di applicare le leggi che ne derivano».


L’Anm sostiene che è dovere dei giudici esprimersi sulla riforma in discussione.
«Nella mia vita ho conosciuto magistrati adusi più a lavorare in silenzio che a spettacolarizzare il loro operato. Serve sobrietà e non accanimento politico, come è accaduto nel passato. Il sindacato ha il diritto di criticare, ma nelle giuste sedi e con gli aggettivi appropriati. C’è un bellissimo saggio di Luciano Violante, un magistrato di sinistra che apprezzo per la sua onestà intellettuale e per il suo coraggio, “Senza vendette”, che si occupa del rapporto tra giustizia e politica.

Ne consiglio la lettura a politici e magistrati».


I giudici hanno dato inizio alla campagna elettorale per le europee?
«Vorrei escludere che questo sia l’obiettivo. La magistratura non dovrebbe operare con obiettivi partitici. Talvolta offre alle opposizioni, spesso prive di temi, argomenti per testimoniare la loro presenza. Voglio sperare che questa fase, diciamo di vivace dibattito, possa concludersi nel più breve tempo possibile».


Santanchè deve dimettersi, in caso di rinvio a giudizio?
«In uno stato di diritto, una cosa del genere non si pensa neppure. La ministra Santanchè ha detto tutto quello che doveva dire in Parlamento. E se un magistrato ti avverte che sta indagando sul tuo conto, non significa che sei stato già giudicato colpevole. Io sono garantista non a stagioni, lo sono sempre stato. In Sicilia, da presidente di quella commissione antimafia, ho visto protagonisti della politica finire nella gogna mediatica di certi magistrati. Ma non ho mai, mai speso una parola da manettaro».


E dell’imputazione coatta di Delmastro, che ne pensa?
«La vicenda di Delmastro presenta un’anomalia che ha alimentato anche qualche seria preoccupazione e sorpreso il mondo politico e persino una parte di quello giudiziario. Il ministro Nordio ha già annunciato l’intenzione di rivedere alcune norme che possono essere modificate: più che legittimo».


Caso La Russa: il presidente del Senato ha usato parole fuori luogo per difendere il figlio?
«Bisogna saper distinguere senza ipocrisia il ruolo di padre da quello di rappresentante delle istituzioni. Non sempre è facile. Per ogni genitore il figlio è vertice esistenziale: giusto difenderlo. Ma se sbaglia, ha il dovere di pagare per l’errore commesso. La Russa sostanzialmente ha detto questo, seppur con accenti dettati da uno stato d’animo turbato. Poi ha chiarito. E ribadito di avere fiducia nella magistratura. Basta speculare su questa vicenda».


Passiamo al post-alluvione in Romagna. Bonaccini chiede il 100% di risarcimento danni, arriverà? E quando?
«Bonaccini fa il suo mestiere ed è giusto che lo faccia. Il governo, anche con il presidente Meloni, ha ribadito la ferma volontà di consentire ai romagnoli il diritto a tornare alla normalità. Attenzione però: rischiamo di far passare il concetto che il tema siano solo le risorse finanziarie. Non è così. Bisogna puntare molto sulla qualità della ricostruzione. Sui metodi, sui criteri prima ancora che sui tempi».


Cosa intende?
«Faccio un esempio. Non basta ricomporre l’argine di un fiume, se a monte quel fiume continua a restare vulnerabile. Occorre ridurre le cause che determinano le esondazioni. Altrimenti si va avanti con i rattoppi e si costringe la gente a vivere sotto l’incubo di allagamenti. A questo fine, penso solo che la celerità dell’intervento non può andare disgiunta da una fase di studio del territorio e di progettazione attenta. Come forse non è avvenuto in passato, e non solo in quella regione».


La nomina di Figliuolo a commissario straordinario è valida fino a giugno 2024: basterà un anno a risolvere tutto?
«La gestione commissariale è prorogabile. Con tutto il rispetto verso le indubbie capacità e l’esperienza di Figliuolo, nessuno può pensare che in un anno si possa esaurire la stagione della ricostruzione. Il mandato di un anno è un elemento più amministrativo che sostanziale, ed è normale che possa essere prorogato». 


Decreto flussi: come mai la decisione di riaprirlo per il triennio 2023-2025?
«Il governo Meloni non ha mai negato l’importanza dei flussi regolari nella crescita dell’economia nazionale, tanto più in una nazione dove il dato anagrafico è sempre più allarmante. E’ chiaro che se il flusso è regolare, programmato e quindi sottratto alla mafia degli scafisti, e se la risorsa lavoro arriva a noi con un minimo di abilità professionale e di formazione, l’inserimento di chi arriva diventa più facile».


In tre anni il governo apre a 452mila persone, ma la richiesta delle imprese era di oltre 800mila.
«È più di quanto si fosse mai ipotizzato finora. Un processo graduale, che credo sia la migliore risposta che questo governo potesse dare per tener conto delle esigenze di manodopera arrivate dagli imprenditori. Ma voglio precisare che sopperire con la manodopera straniera al calo demografico non significa doversi rassegnare a tenere le culle vuote in Italia. Il governo sta mettendo in campo alcune serie iniziative affinché le famiglie e le giovani coppie possano tornare a fare figli».


In queste ultime settimane qualche polemica tra FdI e gli alleati non è mancata. Il governo dura cinque anni?
«Stavo per dirle che in politica tutto è possibile, ma questa frase si presterebbe a interpretazioni errate. Dico allora, con più chiarezza, che la nostra è una prospettiva di cinque anni. E alle elezioni saremo riconfermati per altri cinque. Non c’è alternativa a questo governo. Se poi ogni singola posizione, persino fisiologica nel rapporto fra diverse forze politiche, viene colta come sintomo di una maggioranza fragile o litigiosa, è solo una lettura maliziosa. Non siamo un partito unico e quindi ognuno esprime sensibilità diverse. Ma l’obiettivo finale rimane unitario». 

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