Bomba al negozio d'abbigliamento a Scafati, quattro persone nei guai

Rischiano il processo i mandanti e gli esecutori materiali dell’intimidazione ai danni dell’attività di abbigliamento per bambini

Il negozio danneggiato dall'esplosione
Il negozio danneggiato dall'esplosione
di Nicola Sorrentino
Giovedì 4 Maggio 2023, 07:00 - Ultimo agg. 5 Maggio, 19:19
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Ci sarebbero ragioni legate alla rinuncia del pagamento di debiti per l’acquisto di droga dietro la bomba che, il 3 maggio del 2020, fu fatta esplodere a Scafati contro un negozio d’abbigliamento per bambini. Ora, i presunti mandanti e gli esecutori rischiano un processo per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. La Procura Antimafia di Salerno ha concluso le indagini su quanto accaduto quella notte, chiedendo il rinvio a giudizio per quattro persone, tutte di Scafati. Alcune di queste già interessate, in passato, da inchieste legate al mondo degli stupefacenti. Dinanzi al gip compariranno G.L. e M.C., di 45 e 30 anni, ritenuti esecutori materiali dell’azione criminale. Insieme a loro ci sono D.S. e U.C.G., che l’organo inquirente ritiene invece essere i mandanti. Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del reparto territoriale di Nocera Inferiore, insieme ai colleghi della tenenza di Scafati, l’ordigno esplosivo - una bomba carta - fu posizionato davanti alla porta d’ingresso dell’attività commerciale. 

La sua esplosione, avvenuta intorno alle 3 di notte, arrecò danni non solo all’attività ma anche agli arredi interni, ai veicoli parcheggiati in strada e alle abitazioni limitrofe. Quel gesto serviva - secondo le accuse che dovranno essere vagliate dal gup in udienza preliminare - a costringere la figlia della titolare del negozio a rinunciare al pagamento di una serie di debiti accumulati per l’acquisto di droga. La donna, T.C., era nota agli inquirenti essendo stata anch’ella coinvolta in inchieste per spaccio di stupefacenti. Poche ore prima, un sequestro di droga indirizzò i carabinieri su quella che poteva sembrare una possibile ritorsione o un messaggio intimidatorio nei riguardi della donna.

Oltre ad annotazioni di polizia giudiziaria, verbali di sommarie informazioni, rilievi fotografici, tabulati telefonici ed intercettazioni, furono due ulteriori elementi a permettere alla Dda di ricostruire quanto accaduto. 

In primis la visione dei sistemi di videosorveglianza, dai quali i carabinieri riuscirono a dare un volto ad una parte degli indagati. A seguire, il contenuto di una telefonata, nelle quale si sarebbe intuito come vi fossero proprio alcuni degli attuali indiziati nell’esplosione di quella bomba, all’esterno del negozio. Il fascicolo d’indagine passò velocemente alla Dda di Salerno, dopo i primi accertamenti svolti dalla procura di Nocera Inferiore. La droga, insieme ai precedenti di alcuni degli indagati, così come le modalità che accompagnarono l’esplosione dell’ordigno - «tipica dell’agire mafioso» - portò il caso nelle competenze dell’Antimafia. Per i quattro, dopo la conclusione dell’indagine, vi è ora la fissazione dell’udienza preliminare. In quella sede gli imputati potranno difendersi dalle accuse mosse, chiedendo anche un rito alternativo.

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