Salerno, Enzo Bove al Riesame: «I locali sono tutti miei»

L'imprenditore chiede la revoca degli arresti domiciliari e presenta tre memorie difensive e una perizia tecnica

Il ristorante Porca Vacca
Il ristorante Porca Vacca
di Viviana De Vita
Martedì 20 Febbraio 2024, 06:35 - Ultimo agg. 19:27
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Ha rivendicato la titolarità dei suoi locali intestati tutti a società a lui riconducibili all’80%. Si è difeso così, davanti ai giudici del Riesame, Enzo Bove, protagonista dell’inchiesta della Procura che ha portato a galla un grosso giro di riciclaggio nel cuore della Movida. Se ad aprire la “sfilata”, davanti ai giudici, la settimana scorsa era stato il giornalista 73enne Vincenzo Casciello, assistito dall’avvocato Giovanni Falci, finito nell’inchiesta con l’accusa di fare da prestanome al gruppo, ieri è stata la volta degli altri indagati, primo tra tutti l’imprenditore ed ex consigliere comunale Enzo Bove, già finito nel 2005 al centro di una maxi inchiesta, conclusasi poi con l'archiviazione, sui rapporti tra politica e malaffare.

L’indagato, assistito dall’avvocato Michele Tedesco, ha parlato davanti ai giudici (Presidente De Luca, a latere Zarone e Cioffi) depositando inoltre una memoria di 30 pagine in cui ha rivendicato la titolarità dei suoi locali da lui pubblicizzati anche sui social. L’avvocato Tedesco ha quindi depositato altre tre memorie e una consulenza tecnica con l’obiettivo di smontare la tesi accusatoria che individua proprio in Bove e nel socio Mimmo Zeno, l’imprenditore 70enne assistito dall’avvocato Giovanni Chiarito, i “dominus” del sistema. A chiedere la revoca della misura cautelare, oltre a Casciello, Bove e Zeno, sono stati anche il “finanziatore” Massimo Sileo, assistito dall’avvocato Antonio Ciliberti e il commercialista Antonio Libretti. Ha invece rinunciato al Riesame Carmine Del Regno. Nelle loro arringhe gli avvocati hanno puntato alla mancanza della gravità indiziaria relativa alle presunte intestazioni fittizie delle società.

I giudici si sono riservati ed entro giovedì arriverà la pronuncia. Pesanti le accuse formulate dalla Procura che, facendo riferimento ad Enzo Bove e Mimmo Zeno, li definisce soggetti caratterizzati da una “pericolosità sociale” proprio in riferimento alla possibilità, tra l’altro, che i due potessero essere destinatari di misure di prevenzione patrimoniale in virtù del loro modus operandi. Già nel 2007 Zeno fu raggiunto da una misura sia personale che patrimoniale perché ritenuto dal tribunale di Salerno «appartenente ad un nuovo sodalizio criminoso facente capo a Pietro Selvino, già partecipe del clan di Tommaso Nocera, operativo ad Angri».

Dalle carte emerge che Bove era stato condannato per bancarotta fraudolenta per quanto concerne il suo ruolo di amministratore della Hablame Luna srl del suocero Rosario Marinelli fallita nel 2012. Secondo l’accusa, i due avevano un preciso modus operandi che emergerebbe anche dalle intercettazioni telefoniche: ricorrevano sempre a prestanomi che, solitamente, erano già inquadrati come dipendenti nelle società o ad altre persone da «interporre fittiziamente» attraverso l’attribuzione di ruoli direttivi o quote di capitale sociale nella direzione e amministrazione di società a loro riconducibili.