Salerno, i giudici del Riesame non fanno sconti a Bove e ai suoi «soci»

L'unico ad essere salvato dai giudici è il commercialista Libretto scarcerato ha avuto interdittiva all'esercizio della professione

Enzo Bove
Enzo Bove
di Viviana De Vita
Venerdì 23 Febbraio 2024, 06:35 - Ultimo agg. 24 Febbraio, 09:04
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Pugno di ferro del Riesame. Nessuna revoca della misura cautelare per gli imprenditori salernitani protagonisti dell’inchiesta della Procura che ha portato a galla un grosso giro di riciclaggio nel cuore della Movida. La sentenza è arrivata nella tarda mattinata di ieri quando i giudici del tribunale del Riesame (Presidente De Luca, a latere Zarone e Cioffi) ) hanno sciolto la riserva rigettando i ricorsi avanzati dai legali degli indagati. Resta al regime dei domiciliari l’imprenditore ed ex consigliere comunale Enzo Bove, già nel 2005 al centro di una maxi inchiesta, conclusasi poi con l’archiviazione, sui rapporti tra politica e malaffare. Per l’imprenditore, assistito dall’avvocato Michele Tedesco ed accusato di intestazione fittizia di attività commerciali nel settore della ristorazione e dei bar, c’è stato il rigetto della richiesta di revoca della misura cautelare. Conferma degli arresti domiciliari anche per il socio Mimmo” Zeno, l’imprenditore 70enne, assistito dall'avvocato Giovanni Chiarito, ritenuto con Bove il “dominus” del sistema. Restano a casa anche il “finanziatore” Massimo Sileo, assistito dall’avvocato Antonio Ciliberti e il giornalista 73enne Vincenzo Casciello, assistito dall’avvocato Giovanni Falci, finito nell’inchiesta con l’accusa di fare da prestanome al gruppo. L’unico “sconto” è arrivato per il commercialista Antonio Libretti che ha avuto la sostituzione della misura cautelare dei domiciliari con quella interdittiva dell’esercizio della professione.

LE ACCUSE

Se per conoscere la motivazione dei giudici bisognerà attendere 60 giorni, è però evidente che l’impianto accusatorio formulato dalla Procura ha retto al vaglio dei giudici del Riesame che non si sono lasciati convincere dalla tesi degli indagati. In particolare l’imprenditore Enzo Bove aveva voluto esporre la propria versione dei fatti e, dopo aver depositato una memoria di 30 pagine, suffragata da altre tre memorie e da una consulenza tecnica, aveva rivendicato la titolarità dei suoi locali intestati, secondo la sua tesi, tutti a società a lui riconducibili all’80%. Associazione per delinquere, trasferimento di valori per riciclaggio e autoriciclaggio, favoreggiamento personale, truffa ai danni dello Stato, sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte, violazione dell’obbligo di comunicazione come previsto dal codice antimafia sono, a vario titolo, le ipotesi di reato contestate agli indagati, titolari di noti ristoranti, bar e supermercati situati nel cuore della Movida salernitana e nella Capitale – accusati di aver con l'aiuto dei commercialisti Libretti e Pasqualucci intestato a prestanome undici società con l'obiettivo di sottrarsi alla possibile aggressione giudiziaria e continuare a realizzare profitti. Nell’ordinanza di oltre cento pagine redatta dal gip, sono ricostruite le strategie messe in piedi dagli indagati per evitare il pagamento delle imposte, continuare a beneficiare di ingenti guadagni e dare corpo ai reati di riciclaggio e autoriciclaggio. Pesanti le accuse formulate dalla Procura che, facendo riferimento ad Enzo Bove e Mimmo Zeno, li definisce soggetti caratterizzati da una “pericolosità sociale” proprio in riferimento alla possibilità, tra l’altro, che i due potessero essere destinatari di misure di prevenzione patrimoniale in virtù del loro modus operandi. Dalle carte redatte dalla Procura emerge che Bove era stato condannato per bancarotta fraudolenta per quanto concerne il suo ruolo di amministratore della Hablame Luna srl del suocero Rosario Marinelli fallita nel 2012. Ora gli avvocati degli indagati attendono il deposito delle motivazioni del Riesame.