«Mio figlio Luigi lasciato senza assistenza:
combatto da sola contro la sua malattia»

«Mio figlio Luigi lasciato senza assistenza: combatto da sola contro la sua malattia»
di ​Simona Chiariello
Domenica 19 Gennaio 2020, 06:40 - Ultimo agg. 10:05
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«Ho lottato per non far richiudere mio figlio in una struttura psichiatrica permanente, ma ora sono senza lavoro e Luigi non ha alcun tipo di assistenza. Abbiamo avuto solo porte in faccia. Ora passa giorno e notte in strada. È un pericolo per sé e per gli altri». A parlare è Antonella Lambiase, 39 anni e una vita già segnata dal dolore, ma soprattutto dalla delusione e dallo sconforto di non poter aiutare il proprio figlio quattordicenne. «Ogni giorno che passa Luigi peggiora sempre di più, ma purtroppo siamo soli».

Tutto inizia dieci anni fa. Luigi ha quattro anni e gli viene diagnostica l’Adhd. «Da mamma mi ero accorta che c’era qualcosa di diverso nel mio bambino. All’Asl gli hanno diagnosticato l’Adhd. È una sindrome del neurosviluppo, caratterizzata da iperattività, difficoltà nel mantenere l’attenzione e nell’apprendimento e per Luigi anche comportamenti provocatori associato a disturbi della condotta. E infatti a scuola a San Giuseppe al Pozzo ha avuto i primi problemi di inserimento. Anche per questo abbiamo deciso di trasferirci a Genova dove avevo trovato un ottimo lavoro a tempo indeterminato come infermiera». A poco a poco però Antonella e la sua famiglia finiscono nel baratro. «Io e mio marito abbiamo divorziato. A Genova non solo mi hanno tolto l’affido di mio figlio, ma gli assistenti sociali hanno deciso di chiuderlo in una struttura psichiatrica permanente. Mio figlio a 12 anni era sottoposto a forti sedativi che lo avevano ridotto a un vegetale. Ho così lottato e con l’aiuto dell’avvocato Gianfranco Torre e sono riuscita a ottenere di nuovo l’affido».

Tornata a Cava de' Tirreni la situazione non è migliorata, anzi. «È un anno e un mese che stiamo aspettando una firma e l’attuazione di un decreto, datato 27/12/2019, che permette a Luigi di iniziare un percorso terapeutico presso la struttura specializzata l’Aias di Nola. Prima gli assistenti sociali ci avevano detto che non c’erano fondi. Poi il caso di mio figlio è stato preso in carico dall’Asl e finalmente è stato prospettata la possibilità di iniziare un percorso in questi centri residenziali. In Campania ci sono 3 strutture sanitarie specifiche, ma due non hanno posto. L’unica è questa di Nola, ma purtroppo il decreto non viene firmato, forse solo per la burocrazia, e Luigi è stato lasciato senza alcun tipo di assistenza. Da un anno e un mese sto lottando con tutte le mie forze, ma è l’Asl che dovrebbe cercare di salvare mio figlio, non noi genitori. Non possiamo improvvisarci psichiatri, educatori o assistenti sociali».
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