Era iniziata in maniera pacifica la protesta di baristi, ristoratori, pizzaioli, a cui il Dpcm ha imposto lo stop delle attività alle 18. Alle 22.30 in piazza Amendola c’erano già duecento persone. «Sarà una protesta pacifica. Chi ha altre idee è pregato di andare via», si grida dal megafono. L’effetto di un pomeriggio convulso in cui tra le chat inizia a moltiplicarsi la rabbia. C’è chi teme che possano replicarsi gli scontri di Napoli e così far perdere forza alla rivendicazione. «Mascherine e distanza», più che «libertà», diventa il grido condiviso sotto lo sguardo vigile delle forze dell’ordine. A saracinesche abbassate la piazza non riesce a contenerli. Sono più di 600, con delegazioni che si aggiungono: le partite Iva, i portuali. In piazza Amendola arriva pure Antonio Cammarota, è atteso Dante Santoro, mentre a gruppi si urla la morte di uno Stato in cui nessuno sembra riuscire più a identificarsi. I primi momenti di tensione scoppiano quando un gruppo sparuto di manifestanti chiede alla folla di spegnere i cellulari, «perché sennò che rivolta è». Durerà poco.
Alle 23.33 scoppia la prima bomba carta su via Roma.