Netturbini assenteisti a Roccapiemonte,
15 condanne per truffa ai danni dello Stato

Netturbini assenteisti a Roccapiemonte, 15 condanne per truffa ai danni dello Stato
di Nicola Sorrentino
Giovedì 9 Luglio 2020, 06:40 - Ultimo agg. 09:05
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Si è chiusa con quindici condanne il processo in primo grado, ribattezzato «Easy Badge», risultato di un’indagine della Procura di Nocera Inferiore su casi di assenteismo che riguardavano i netturbini del cantiere del Consorzio di Bacino S1, a Roccapiemonte. Queste le pronunce del giudice monocratico Paola Montone: quattro mesi per Francesco Salvatore De Simone; quattro mesi per Mario Di Palma; cinque mesi per Gennaro Di Vicino; nove mesi per Lucia Esposito: quattro mesi per Gennaro Faiello; undici mesi per Raphael Garofano Vincent; cinque mesi per Angelo Giordano; cinque mesi per Antonio Lamberti; quattro mesi per Mario Marra; cinque mesi per Mario Marrano; quattro mesi per Enrico Otranto; quattro mesi per Carmine Persichino; quattro mesi per Giuliano Pirozzi; cinque mesi per Luigi Ruggiero e quattro mesi per Pasquale Spina. Il giudice ha sospeso la pena per De Simone, Di Palma, Esposito, Faiello, Garofano, Marra, Otranto, Pirozzi e Spina. Mentre per De Vicino, Lamberti, Persichino e Ruggiero la pena è sospesa, ma subordinata allo svolgimento di lavoro di pubblica utilità. Le motivazioni saranno depositate entro trenta giorni.

L’accusa era di truffa ai danni dello Stato. L’indagine sui casi di assenteismo risale al marzo del 2012, con la Procura di Nocera Inferiore, sostituto Roberto Lenza, che avviò i primi accertamenti dopo le denunce di alcuni cittadini su alcune criticità presenti in diverse zone della città, dove c’era abbondanza di rifiuti. A condurre le attività investigative furono i vigili urbani del comando di Castel San Giorgio, insieme ai carabinieri. Grazie all’uso di due telecamere, installate per l’occasione, gli inquirenti registrarono i movimenti di singoli dipendenti (furono 22 in tutto quelli coinvolti) del cantiere del Consorzio, che si allontanavano o abbandonavano arbitrariamente il posto di lavoro, senza farvi ritorno. Non solo, alcuni degli indagati timbravano anche al posto di altri colleghi in modo da registrare le presenze. E facendo anche lievitare compensi e straordinari.
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