Salerno, l’urlo dell’arcivescovo: «Troppi lutti e violenze, sforziamoci di credere»

Mai dall'arcivescovo un messaggio così duro contro guerre, terrorismo e fanatismi. Il discorso ai bimbi riuniti in cattedrale e il saluto agli stranieri nelle loro lingue

La veglia con Bellandi in Duomo
La veglia con Bellandi in Duomo
di Giuseppe Pecorelli
Martedì 2 Aprile 2024, 05:40 - Ultimo agg. 08:39
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La Pasqua è fonte di consolazione in un «tempo di ansie, di oscurità, qual è quello che stiamo vivendo». Lo afferma, nell'omelia tenuta in duomo, durante la celebrazione nel mattino della domenica di Pasqua, l'arcivescovo Andrea Bellandi.

«Troppo sangue vediamo scorrere, troppa violenza - rimarca con amarezza - i cuori di tutti noi, soprattutto quelli delle persone più semplici, sono oppressi da sentimenti di dolore per il presente e di timore per il futuro, mentre tanti nostri fratelli e sorelle, la maggior parte di loro uniti dallo stesso battesimo, ma nemici per colpa di logiche di potere imposte da pochi, muoiono sotto le bombe nei combattimenti per conquistare e difendere poche centinaia di metri di territorio.

E cosa dire di altri fratelli, accomunati dalla stessa fede cristiana e anch'essi credenti nell'unico Dio, che sono vittime di ritorsioni senza fine causate dalla responsabilità cieca e omicida di una minoranza fanatica».

La violenza, la guerra, il terrorismo potrebbero portare alla tentazione di rimanere interdetti dinanzi al silenzio di Dio. Sembra quasi che la morte non sia stata vinta.

«Facciamo quindi fatica a credere, in certi momenti - prosegue il presule - che Gesù sia veramente risorto, che egli abbia veramente vinto la morte, ma non è un'illusione.

Al contrario: è quella realtà che, proprio dentro le piaghe dell'ingiustizia, della violenza e della morte, piaghe che rimangono impresse nel costato, nelle mani e nei piedi del Crocifisso risorto, fa risuonare più consolante l'annuncio pasquale, tanto caro all'oriente cristiano: Cristo è risorto, è veramente risorto».

Quella luce che deriva dalla risurrezione, così come l'acqua e il fuoco, sono stati segni centrali nella celebrazione della veglia pasquale che lo stesso pastore ha presieduto nella notte di sabato. A concelebrare il rito, che ha avuto grande partecipazione di popolo, il parroco della cattedrale, don Felice Moliterno.

Tanti giovani, a cominciare dagli scout, gremivano i banchi del duomo in un rito di profonda solennità. Il fuoco di un grande braciere ardeva nel quadriportico della cattedrale, al fuoco nuovo è stato acceso il cero pasquale, ogni luce era spenta e la chiesa era illuminata dalle sole candele, è stata benedetta l'acqua battesimale. Per l'arcivescovo la risurrezione non è solo una realtà, ma una necessità. Così come lo è, assoluta, la pace.

«Oggi più che mai - dice ancora monsignor Bellandi - abbiamo bisogno di guardare a lui in una Quaresima che sembra non voler finire. Abbiamo bisogno del Crocifisso risorto per credere nella vittoria dell'amore, per sperare nella riconciliazione. Oggi più che mai abbiamo bisogno di lui che venga in mezzo a noi e ci dica: pace a voi. Solo lui può farlo, solo lui ha diritto oggi di annunciare la pace.

Solo Gesù perché porta le piaghe, le nostre piaghe. Quelle sue piaghe sono nostre due volte: procurate a lui da noi, dai nostri peccati, dalla nostra durezza di cuore, dall'odio fratricida. E nostre perché lui le porta per noi, non le ha cancellate dal suo corpo glorioso. Le ha volute tenere con sé per sempre, sono un sigillo incancellabile del suo amore per noi».

Al termine della messa l'arcivescovo rivolge il suo consueto messaggio ai bambini presenti in basilica, ai quali affida il futuro e la pace (piuttosto impegnativi, per loro, i riti pasquali): «Gesù - dice loro l'arcivescovo - è risorto ed è sempre accanto a noi. Anche se non lo vediamo, ci segue.

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È il più grande amico che abbiamo e allora dobbiamo imparare da lui quello che ha vissuto e ci ha insegnato: bisogna amare tutti e bisogna saper perdonare, bisogna sapere costruire la pace. I grandi devono imparare questa cosa. Ma Gesù è accanto a noi e ci vuol bene». E infine, dopo l'augurio ai salernitani, il presule incuriosisce rivolgendosi anche ai turisti in visita alla cattedrale con un messaggio in lingua inglese, tedesca e spagnola.

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