Sapri, aborti a ragazze disperate:
sei casi nel mirino dei giudici

Sapri, aborti a ragazze disperate: sei casi nel mirino dei giudici
di Antonietta Nicodemo
Giovedì 18 Agosto 2016, 08:18 - Ultimo agg. 15:08
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Sapri. Sono giovani donne quelle che il primario di ostetricia e ginecologia dell’ospedale Immacolata avrebbe fatto abortire illegalmente. Spinte dal desiderio, o dalla necessità, di liberarsi del feto si sono rivolte al dottor Bruno Torsiello convinte, probabilmente, che lui avrebbe potuto soddisfare la loro richiesta.

Secondo gli inquirenti il medico si sarebbe fatto anche pagare per l’ illecita interruzione di gravidanza senza emettere fattura. Per questo il noto professionista è indagato per interruzione di gravidanza illegale e falso in atto pubblico. Sei i casi finiti nel mirino della magistratura. Si tratta di pazienti di età compresa tra i venti e i trent’anni. Solo una di loro è una extracomunitaria: sarebbe originaria della Cina, tutte le altre risiedono in comuni Campani, anche del Golfo di Policastro.

Diverse le ragioni che avrebbero indotto le gestanti a rivolgersi al ginecologo salernitano per abortire. C’è chi ha voluto disfarsi del feto: per questioni economiche, perché aveva già troppi figli o perché frutto di un’amore instabile o di un rapporto extraconiugale. Attraverso le cimici installate nello studio privato del professionista la guardia di finanza, che ha condotto le indagini su disposizione della Procura di Lagonegro, ha immortalato tutte le conversazioni avvenute tra Torsiello e le sei gestanti. Dalle immagini acquisite dalle microspie verrebbe chiaramente fuori che il primario ha emesso certificati con data retroattiva, rispetto al giorno in cui le donne in questione si sono recate nel suo studio per la visita. In questo modo avrebbe aggirato la legge che impone alle gestanti di riflettere almeno sette giorni prima di decidere definitivamente per l’aborto. Il video mostrerebbe anche il momento in cui il dottore riceve la somma di denaro richiesta per l’intervento, che non supera mai le centocinquanta euro.
Gli inquirenti durante le indagini non hanno interrogato le sei gestanti, ritenendo che le loro tesi sono già ben supportate dalle immagini acquisite dalle cimici. Per la stessa ragione non hanno sentito nemmeno i pazienti ai quali Torsiello non ha rilasciato apposita fattura per le prestazioni da lui eseguite nell’ambito della libera professione intramoenia.
 

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