Claudio Baglioni, ATuttoCuore a Roma: il kolossal è adesso

Sarà un vorticoso carnevale di maschere da tre ore e sei minuti di cronometro

Claudio Baglioni
Claudio Baglioni
di Andrea Spinelli
Mercoledì 20 Settembre 2023, 07:00 - Ultimo agg. 21 Settembre, 07:56
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Claudio nel Paese delle Meraviglie. «Chi viene a vedere lo spettacolo deve rimanerne stupito» assicura Claudio Baglioni, protagonista da domani sino al 30 ottobre allo stadio centrale del tennis al Foro Italico di «ATuttoCuore», un kolossal da arena sbalorditivo, con numeri da kolossal operistico: 21 musicisti trainati dalla chitarra di Paolo Gianolio, 5 vocalist, 28 coristi-ballerini, 52 performer dell'Accademia Internazionale del Musical di Enrico Sortino diretti dal regista-coreografo Giuliano Peparini, 550 costumi. Un vorticoso carnevale di maschere da tre ore e sei minuti di cronometro, ha spiegato il cantautore al termine della prova generale: «Non potendo far scendere il numero di tragedie e catastrofi che ci sono nel mondo, proviamo far salire quello delle cose belle e sognanti. Un modo per superare il contingente, andare oltre, come ricordavo in uno dei miei album più riusciti». Grazie anche all'alto artigianato del programmatore-luci Ivan Pierri, del curatore dei video Jean Luc Gason, lo spettacolo è una corsa affannosa (e sul finale un filo affannata) all'ultima sorpresa, all'ennesimo coup de théâtre, per cercare un'espressione comune tra musica, artti coreutiche e figurative sotto la spinta di 38 successi, anche accorpati in medley dal settantaduenne stakanovista che qualcuno definisce il «Mick Jagger de noantri»: «Magari. Però non zompetto come lui».

«Fino al secondo album me la sono cavata.

Avevo 18 canzoni, le eseguivo tutte ed era fatta. Poi è cominciato il dilemma. Ora che ne ho 350 è complicato, molto complicato», scherza Baglioni che, per quanti sforzi faccia, non riesce certo ad evitare qualche assenza di peso (vedi «Notte di note»). Quella «via di nessuno» in cui fruga parole «per far sognar qualcuno» è popolata di avventori, fantasisti, fantasmi, tra bandiere extra large con la croce di San Giorgio («W L'Inghilterra»), piste circensi («Acqua dalla luna»), piattaforme idrauliche («Domani mai»), barre luminose («Fammi andar via»), gonne gonfiate dai sogni («Mal d'amore»), cyborg dai lineamenti femminili («Ragazze dell'Est»), dame in nero con aureola («Mille giorni di te e di me») e su su fino all'epilogo di «E tu», «Strada facendo», «La vita è adesso». A volte gli artisti veterani cercano il monumento autocelebrativo, che diventa una cerimonia collettiva in cui non c'è più niente di propulsivo» ammette l'autore di «La vita è adesso» e "Strada facendo" che chiudono la maratona, a cui di certo non viene fatto mancare «Questo piccolo grande amore». «Ma il pubblico va anche guidato e noi artisti abbiamo la responsabilità di cambiare qualcosa, non di dare solo quello che si aspetta. Dobbiamo dimostrare che non siamo fermi, ma che stiamo camminando verso qualcosa di nuovo e di diverso. Di evitare l'omologazione». Obbligato il pensiero a Lampedusa dove Baglioni ha casa e dal 2003 al 2012 ha organizzato il festival «'O scià» per sensibilizzare l'opinione pubblica al problema dei migranti: «La questione Lampedusa è sul tavolo da trent'anni e la storia ora presenta il conto», ammette, «ci avessimo pensato al tempo, forse non saremmo arrivati a questo punto. Ora sono problemi per tutti. Bisogna però trovare una soluzione senza che questi argomenti diventino ancora una volta materia per scopi elettorali, altrimenti non se ne viene fuori. Al mondo non c'è solo Lampedusa perché è logico che le persone migrino alla ricerca di prospettive migliori per la loro vita. Non possiamo condannare chi lo fa, ma neppure chi non ne può più».

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Si replica in ottobre all'Arena di Verona, al velodromo Borsellino di Palermo e all'Arena della Vittoria di Palermo di Bari. E poi al chiuso nel 2004, con produzione ridotta, naturalmente. Al PalaSele di Eboli il divo Claudio è atteso il 13 e 14 febbraio. 

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