Mannoia: omaggio a Lucio Dalla, il nostro canto libero

Fiorella Mannoia
Fiorella Mannoia
di Federico Vacalebre
Martedì 29 Ottobre 2013, 17:22 - Ultimo agg. 17:32
4 Minuti di Lettura
Fiorella dei cantautori le canzoni del piccolo grande cantautore non le aveva intonate spesso, per Anna e Marco s, dividendo proprio con lui le strofe, lei quelle maschili, lui quelle femminili. E poi l’aveva rifatta propria nel 2012 a Campovolo, stavolta in duetto con Giuliano Sangiorgi. Fiorella la rossa era in sala prove, per il tour di «Sud», quando arrivò la notizia della morte di Lucio Dalla. «Rimasi sconvolta, come tutti», ricorda oggi la Mannoia, che al repertorio del bolognese ha dedicato il suo nuovo album, «A te», «e mi ritrovai a scaricare tutto il suo canzoniere, accorgendomi di conoscerlo praticamente tutto a memoria: mi apparteneva».

Nasce così questo disco?

«Sì, non avevo mai fatto caso a quanto Lucio ci fosse in me, a quanto gli dovessi non solo come autore, come musicista, ma anche come cantante: il mio stile con la tendenza a sottrarre, a rafforzare le parole, a dirle, viene dalla sua lezione. Durante il tour di ”Sud” proponevo ”Cara” nei bis, rendendogli omaggio come tanti altri colleghi hanno sentito bisogno di fare. Volevo fare di più, mi sentivo combattuta».

Perché?

«Era mia volontà, e mio dovere, rendere tributo a Dalla, ma avevo paura di fare una cosa retorica, o non all’altezza. Così decisi di incidere un disco alla vecchia maniera, live in studio, con l’orchestra: ci siamo messi il vestito buono, ripresi dalle telecamere: al cd è accluso un dvd».

Peppe Vessicchio («Cara»), Pippo Caruso («Caruso» e «Anna e Marco»), Stefano Zavattoni («Sulla rotta di Cristoforo Colombo» e «Se io fossi un angelo»), Marcello Sirignano («Chissà se lo sai», «Stella di mare», «Milano» e «Felicità») e Paolo Buonvino («La casa in riva al mare» e «La sera dei miracoli») sono i complici di questa raffinata e onesta immersione nell’universo dalliano. Come sono state scelte le canzoni?

«Con il cuore, la testa e la voce. Non poteva non esserci ”Anna e Marco”, che avevo cantato almeno in quattro-cinque occasioni con Lucio. E non potevo cantare ”Apriti cuore”: non ci arrivo. Dalla è stato un cantante straordinario, andava così in alto che non mi costa confessare di non poterlo imitare. Anche ”La sera dei miracoli” presentava lo stesso problema, ma poteva essere divisa, condivisa».

Ed ecco il duetto con Alessandra Amoroso.

«Mi è capitato di ascoltarla durante le prove di uno show tv: ha classe, grazia, poteva essere la voce giusta. È stato un rischio, si è presentata in sala e non sapevo come l’avrebbe affrontata, ma appena ha aperto bocca ho avuto conferma che la mia intuizione era giusta. E anche in linea con le scelte di Lucio, mai snobistico con i ragazzi dei talent show, oltre che con le mie. L’ultima volta che l’abbiamo visto era a Sanremo per dare una mano a Carone. Era uno spirito libero, consapevole che il mestiere dell’artista è un viaggio senza rotte prefissate: non bisogna mai farsi trovare dal pubblico dove il pubblico ci aspetta».

Poi c’è Ron, in «Cara».

«È stata la prima persona che ho chiamato quando ho deciso di trasformare il progetto in realtà: Rosalino, con cui ho fatto il tour con De Gregori e Daniele, è un pezzo importante della storia dell’artista di ”Piazza grande”. Quando gli ho telefonato per proporglielo è rimasto muto, silente. Poi, però, ha accettato».

Tra classici e recuperi importanti come «La casa in riva al mare», c’è il capolavoro «Caruso».

«Una sfida nella sfida: non per il dialetto, che ormai i napoletani sono abituati a perdonarmi, ma per l’inciso. L’hanno proposta tutti e in tutte le lingue, senza mai sottrarsi alla vanità dell’inciso urlato con quanto più fiato possibile. Ma in quel momento Caruso è un uomo morente, Lucio saliva di tono, ma straziato, io credo di aver rispettato la sua creatività».

«A te» diventerà un tour?

«No, non mi piacerebbe, non sarebbe giusto, l’omaggio è qui, a disposizione di tutti, farò un solo concerto, il 23 dicembre all’Auditorium di Roma, magari con un bis. Poi basta».

E allora, niente Mannoia on the road nel 2014?

«No, anzi: il 4 aprile compio 60 anni e, per evitare ogni tentazione autocelebrativa, ogni culto della personalità, racconterò in scena la mia carriera con ironia, da ”Caffè nero bollente” ad oggi: recuperando per ogni pezzo il suono originale, ma anche i vestiti del tempo, alcuni li ho ancora. Si vedrà l’evoluzione, spero, i passi che ho fatto sulla strada della canzone».
© RIPRODUZIONE RISERVATA