Max Gazzè e Daniele Silvestri:
«Il fronte del palco brucia»

Max Gazzè e Daniele Silvestri
Max Gazzè e Daniele Silvestri
di Federico Vacalebre
Lunedì 12 Aprile 2021, 13:20
4 Minuti di Lettura

Verso di culto per tutti gli eterni Peter Pan: «Invecchiare è un'altra adolescenza».
Diversamente giovane, nuovamente giovane, come tutti noi, Max Gazzè ricomincia dal piacere del suono. «La matematica dei rami», il suo nuovo album, è un frutto, inatteso e felice, del lockdown. «C'era uno studio caro a noi tutti, da salvare, Terminal2Studio. Lo abbiamo fatto, investendo denaro, tempo e, soprattutto, energia. C'era una band magnifica che aveva voglia di suonare e di usare lo studio. Quando è arrivata la telefonata del fratellone Max i pianeti erano tutti allineati», racconta Daniele Silvestri, parlando del disco dell'amico, diviso con la Magical Mistery Band, supergruppo composto anche da Fabio Rondanini, Gabriele Lazzarotti, Duilio Galioto, Daniele Fiaschi e il tenico del suono Daniele «il Mafio» Tortora.
Il titolo ricorda il barbone e l'abito da Leonardo indossati, un po' per gioco e un po' no, a Sanremo da Gazzè: «Non ho ancora visto la serie di Raiuno, il mio Leonardo è genio, artistico e matematico, alchimista del pensiero. Non ha bisogno di essere un eterosessuale innamorato di una puttana ed un assassino per meritare di essere raccontato. Tra le tante cose che gli dobbiamo c'è anche il concetto che il caos apparente con cui un albero asseconda la crescita dei suoi rami è perfetto per difendersi dagli agenti esterni, soprattutto il vento».
Eccolo il senso di questo godibilissimo album retromodernista ma non passatista, beatlesiano nel nome del supergruppo, deliziosamente e obliquamente pop sino a far pensare alla leggerezza suprema, curiosa, nervosa e profonda degli Xtc: «Chiusi in uno studio in cui nessuno ci metteva fretta la clausura coatta è diventata un moltiplicatore di creatività. Ne è nato un album collettivo, di vicinanza al tempo della distanza obbligata. Un live in studio alla vecchia maniera, ma utilizzando tutte le magie tecnologiche che l'elettronica permette. Come i rami dell'albero noi abbiamo lavorato in un'apparente casualità di intenti e di sound, scoprendo che tutto si teneva insieme perfettamente, naturalmente, tanto siamo ramificati gli uni agli altri», ricorda l'uomo di «Alchemaya».
Insomma, siamo all'elogio di quello che «una musica può fare» ancora, mettendo insieme autori (ci sono, come sempre, testi del fratello Francesco Gazzè, ma anche contributi di Dade dei Linea 77) e musicisti apparentemente diversi, la semplicità del rock and roll e la complicazione del progressive, l'analogico e il digitale, la psichedelia e la forma canzone. Originale nei testi anche quando canta d'amore, Max passa da «Un'altra adolescenza» (con il verso cult di cui si scriveva all'inizio) a «Le casalinghe di Shangai» con solitudini così estreme da cercare uno straccio di contatto vocale in una hot line sino alla chicca conclusiva, «Figlia», cantata insieme a Silvestri, come la cover proposta anche all'Ariston, «Del mondo», dei Csi: «Non ti leggo più storie di fate impegnate/ a buttar giù zucchero in mare.../ fatti spiegare da un astronauta / la matematica dei rami»). Con la festivaliera «Il farmacista», ci sono anche la favola dark di «L'animale guida» e «Autoanalisi» («Ho sposato la figlia di un notaio di grido/ perché la sua pelle nuda/ si intonava al mio umore nero./ Assomigliava a mia madre/ e mio padre a suo padre,/ è stato un transfer e non è vero amore,/ non ha nulla a che vedere con il volersi bene).
Un disco, insomma, bello e coraggioso, da sentire al più presto dal vivo, come suggerito anche dall'assaggio proposto in streaming ieri mattina presentando l'operazione: «Io sono andato in giro l'estate scorso, lo farò anche quest'estate, non tagliando di una sola unità la mia band o il mio staff, anzi allargandolo. Siamo stufi, bisogna tornare a lavorare e a far lavorare il settore», dice Max, «evitando altre gravi pandemie, economiche ancor prima che artistiche e culturali». «L'anno scorso in pochi immaginavano che si sarebbe riuscito a fare qualcosa», conferma Daniele, «noi lo abbiamo fatto, dando respiro a una trentina di famiglie. Quest'anno a maggior ragione lo rifaremo: l'obiettivo minimo è ripartire da ciò che si è fatto l'estate scorsa. E se non fosse possibile, più che polemiche servirà armarsi». Addirittura? «Ho esagerato, sono convinto che il governo troverà il modo di riaprire alla musica, con i fatti, non solo con le chiacchiere. Il confronto con le istituzioni è sempre difficile, ma qualcosa si sta movendo, anche grazie a Matteo Orfini. Il ministro Franceschini vuole agire, ma comincia a essere ridicolo che non si sappia come fare: il fronte del palco brucia».
Proprio per questo, d'estate anche Silvestri tornerà in tour, anche se prevedeva di non farlo, «dedicandomi a Clangore, la società di produzione nata nello studio, oltre che alla scrittura del mio nuovo disco».
© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA