Silvestri torna all'impegno:
«Sporchiamoci le mani»

daniele silvestri
daniele silvestri
di Federico Vacalebre
Venerdì 3 Maggio 2019, 21:58
4 Minuti di Lettura

A tre anni dall'elogio degli «Acrobati» della vita, Daniele Silvestri riparte con «La terra sotto i piedi», un album pienamente cantautorale negli intenti, e a tratti anche nei suoni, ma anche rap, trap, elettronico. Capace di usare il ritmo per dire cose serie, evitando il rischio di sembrare serioso, di prendersi troppo sul serio.
Anche sul palco del concertone romano del Primo maggio, Daniele, sembravi un ossimoro vivente. Cantautore tra i rapper, capace di rappare dai tempi di «Le cose in comune». Cinquantenne tra i giovanotti, eppure molto più giovane di molti di loro.
«Purtroppo la giovinezza non è soggettiva, anche se c'è chi nasce vecchio. Sono passato dall'elogio del funambolismo, anche esistenziale, alla nostalgia della certezza di chi ha i piedi ben saldi in terra. In fondo non è strano: tre anni fa ho mostrato una voglia, più poetica che politica, di guardare le cose dall'alto. Ora, forse anche perché venivo da quell'esperienza, ho bisogno di sporcarmi le mani, di concretezza. Siamo uomini, abbiamo bisogno di liberarci come di librarci».
Un disco, bello, feroce, divertente, urgente. «Concime» è una ballata cantautorale all'antica, quasi un manifesto dell'intero lavoro: «Mi manca la terra sotto i piedi/ un solido riferimento in basso/ da cui attingere confronto. Tu ancora non ci credi/ ma servono radici». Citi persino Dylan.
«Non ne posso più delle discussioni sui tweet, dei tweet che valgono quanto un trattato o un poema, del mondo in cui tutto è possibile, persino chi sostiene che la terra è piatta, e quindi nulla è serio, nessuno è credibile».
Dei social parla «Complimenti ignoranti».
«Non ho paura di Instagram o di Facebook, ma sento - e forse è questione di età - il bisogno di cose che durino più di un tweet, di dibattiti più seri di quelli intorno a un hashtag/arma di distrazione di massa.
Viviamo «Tempi modesti», liberi di postare quello che vogliamo, tanto nessuno ci ascolta.
«Più o meno è così: la retorica della ribellione di chi sta sotto non maschera la scarsa credibilità di chi sta sopra, lasciando intatto, anzi forse peggiorandolo, il rapporto tra popolo e potere, due parole non a caso fuori moda».
Che facciamo Daniele, accettiamo il ruolo di reduci della sinistra che fu?
«È un problema culturale prima che politico, di ruoli più che di partiti. Il problema è trovare il giusto contatto tra età diverse, tra chi sta crescendo e chi dovrebbe aiutarla quella crescita. Tra Greta e noi, i ragazzi che ascoltano la trap e noi. I nostri figli abbandonati davanti alle tastiere e noi. Una volta era più semplice anche nel conflitto. Oggi ci sentiamo tutti ancora bambini».
Non mancano le canzoni d'amore, ma anche un «Blitz gerontoiatrico» che è un dissing in piena regola: «Le rime prevedibili/ i concetti discutibili/ e la fantasia che vola e che galoppa verso cime irraggiungibili del trash. E poi mi parli del cash/ mi parli del cash...».
«Con ironia e presunzione rifletto sull'onda lunga trap & rap: importante e imponente, ma l'hip hop doveva dare potere alla parola e sta appiattendo stili e contenuti del versificare».
Però, pur da padre preoccupato, resti dalla parte dei ragazzi, come in «Argentovivo» sai che abbiamo costruito noi le gabbie in cui vivono.
«Dopo Sanremo il mio sito è bombardato da richieste di aiuto e di dialogo. Erano decenni che un cantautore non veniva preso così sul serio, quasi che il mio brano abbia scoperchiato un vaso di Pandora. Non ho soluzioni, ma sono pronto al dialogo, questo confronto mi rende orgoglioso più dei premi, pure quelli della critica».
Che non ti sono mancati nemmeno questa volta all'Ariston.
«Un bel premio è anche la presenza del sax James Senese in "Rame". Stava male, ma ha registrato al volo l'assolo che rende unico il pezzo».
E la dedica a Totti di «La vita splendida del capitano»?
«Il giorno del suo abbandono si scoprì capitano anche dei non romanisti, di quelli che non seguivano il calcio, affascinati da un momento epico, da una storia semplice, diretta, inevitabile. Vera».
In giro ci solo altri che pretendono la qualifica di «capitano».
«Io riconosco solo Totti, e De Rossi, a cui pure potrei dedicare un brano».
Ora i palasport.
«Vediamo se sono pronto: si inizia nella mia Roma, arriverò a Napoli, Palapartenope, il 16 novembre».
Ma già domani Silvestri sarà a Napoli, Feltrinelli di piazza dei Martiri, alle 18, per presentare il disco.
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