C'è Avitabile nel secondo cuore di Paola Turci

Paola Turci con Enzo Avitabile
Paola Turci con Enzo Avitabile
di Federico Vacalebre
Venerdì 31 Marzo 2017, 15:46 - Ultimo agg. 16:43
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Ha usato Sanremo come tappa di un processo di autoterapia iniziato con «Mi amerò lo stesso», il libro in cui confessava di aver vissuto e, soprattutto, di avere una rinnovata voglia di vivere con il vento in faccia. Da quelle pagine è nato un recital teatrale, da quel mood nuove collaborazioni e nuove curiosità artistiche. Il femminismo 2.1 portato all’Ariston con «Fatti bella per te» ha le radici in quell’humus, e fiorisce nel suoni di «Il secondo cuore», nuovo album di Paola Turci, in uscita oggi.
A definire tutto questo è arrivato Avitabile, in pieno stato di grazia, come dimostrano i due David di Donatello appena vinti per «Indivisibili», ad infoltire un medagliere in cui le Targhe Tenco stanno vicino al Premio Ubu. «Il testo che Enzo ha scritto per me è l’unico che non porta la mia firma», racconta Paola: «L’immagine che mi ha fornito è così forte che ha dato lo spunto per il titolo, definendo questo posto in cui vivo, il mio secondo cuore, che è un altro cuore, non viene dopo il primo, ma sta altrove, batte al ritmo della poesia di Avitabile, extraterretestre della musica italiana. Dopo aver sentito “Lotto infinito”, il suo ultimo disco, ho voluto fortemente questa collaborazione, ma lui mi ha fulminato, dando una definizione perfetta della musica, dell’ispirazione, delle emozioni: la mia terra promessa. In un lavoro autobiografico come mai avevo azzardato prima, le parole che più mi rappresentano non sono mie. Enzo è uno sciamano: per lui, molto religioso, il secondo cuore è anche una storia di fede. Di sicuro i nostri battiti cardiaci sono all’unisono. Raggiunti i 50 anni mi ero messa davanti allo specchio e mi ero accorta che facevo solo finta di aver superato tutte le mie paure, le debolezze e le insicurezze derivate dall’incidente di tanti anni fa. Lui, in qualche modo, questo processo lo aveva già iniziato, e portato a termine con maturità, molto tempo prima, trasformando le sue paure nel motore del suo sound».
Tra i pezzi più belli di un disco mosso, coraggioso, lontano dall’immagine della ragazza che cantava «Bambini», «Il mio nome è Luca», «Ringrazio Dio», c’è di sicuro anche «Sublime», doppia pronuncia possibile, in italiano o in inglese, come le lingue divise con Fink, alias Fin Greenall, producer e dj inglese alla ricerca di un nuovo blues con la sua chitarra. Bella anche la conclusiva «Ma dimme te», con la voce recitante di Marco Giallini, una ballata romanesca che potrebbe sapere di Mannarino, ma è frutto della collaborazione con Giulia Anania ed ispirata a donne forti, capaci di farsi belle per sè, come Anna Magnani e Chavela Vargas. Come l’Anna Oxa della cover fetivaliera di «Un’emozione da poco».
La chanteuse romana sfoggia una nuova consapevolezza, una profondità psico-emotiva, un’inedita leggerezza. Conosce il piacere epidermico (ovvero: della pelle) che fa della musica un grande gioco, oltre a un potentissimo mezzo di comunicazione emotiva. Passa dai brani lenti a quelli piacevolmente mossi, è serena, «quanto lo si può essere in questi anni confusi e agitati». Ha trovato i partner con cui comporre in piena sintonia in Giulia Ananìa, Marta Venturini, Luca Chiaravalli (che ha anche prodotto il disco), Fabio Ilacqua («è il poeta contadino dei versi di “Occidentali’s karma”, vive nei campi e dei campi, non ha il telefonino»), Niccolò Agliardi, più le guest star Enzo Avitabile e Fink.
E chissà se l’amico Enzo l’andrà a trovare mercoledì 5, quando arriverà alla Feltrinelli di piazza dei Martiri (alle 18) per l’instore tour del disco.
 

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