Cagliari-Napoli nel segno di Gigi Riva e Totonno Juliano: indimenticabili eroi

La morte dei due campionissimi a 40 giorni di distanza

Totonno Juliano
Totonno Juliano
Francesco De Lucadi Francesco De Luca
Sabato 24 Febbraio 2024, 08:30 - Ultimo agg. 18:49
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Antonio Juliano era morto da tre giorni, la sua immagine apparve sui maxi schermi del Maradona prima della partita contro il Cagliari, vinta dagli azzurri il 16 dicembre con i gol di Osimhen e Kvara. Quaranta giorni dopo il Capitano, 505 partite in maglia azzurra, sarebbe scomparso l'altro Mito, l'altro Hombre Vertical: Gigi Riva, l'anima di Cagliari, il bomber grazie a cui soffiò anche in Sardegna il vento del successo - lo scudetto - nella primavera del 1970. Juliano e Riva non lasceranno mai il mondo del calcio. Figure forti e amatissime, con tratti caratteriali che li hanno resi unici. Uomini che vinsero con la Nazionale (campioni d'Europa nel 1968 e vice campioni del mondo nel 70) e che nelle loro carriere sotto una sola bandiera - Juliano chiuse a Bologna perché non aveva raggiunto l'intesa economica con Ferlaino - non hanno accettato mai compromessi. Riva rifiutò la Juve, che avrebbe speso centinaia di milioni di lire per lui. Juliano rinunciò al fascino dei club milanesi. Perché aveva una battaglia da combattere, baluardo del Sud così come Gigi lo era di quella terra di cui si era innamorato nel 1963, portato in Sardegna per 37 milioni di lire. Un anno prima il giovanissimo Totonno aveva vinto col Napoli di Pesaola Coppa Italia, poche apparizioni in quella squadra, l'unica di serie B ad aver conquistato il trofeo.

Quella di domani, tra il Cagliari a caccia di punti salvezza (nel 2022 Ranieri decise di tornare in Sardegna, su una panchina di serie B, perché glielo suggerì Gigi Riva) e il Napoli di un'identità oltre che di una vittoria che potrebbe riavvicinarlo al vertice della classifica, è la partita nel ricordo di Gigi e Totonno, che condivisero un lungo percorso in Nazionale, fino al Mondiale del 74, quello di violentissime polemiche, non soltanto del vaffa di Chinaglia al ct Valcareggi.

Juliano ne fece una questione geopolitica, perché in quella squadra non c'era spazio per lui, unico calciatore del Napoli. Riva si poteva discutere soltanto per problemi fisici. La sua classe e la sua potenza erano la forza della Nazionale. Tra i suoi magnifici gol - 35, è tuttora il capocannoniere azzurro - c'è quello realizzato a Napoli il 22 novembre 1969, il colpo di testa alla Germania Est che consentì ai campioni d'Europa di staccare il biglietto per i Mondiali, che sarebbero stati persi contro l'immensa Seleçao di Pelé.

Fu il 1970 magico per Riva e i suoi compagni del Cagliari, l'anno dello scudetto. Quello che Juliano non riuscì a vincere, sfiorandolo nel 75, quando vi fu l'appassionante duello con la Juve degli amici Zoff e Altafini. Ma Juliano si sarebbe riscattato da direttore generale del club. Nel 1980 portò Krol e lottò a lungo per il titolo in una stagione che fu segnata dal dramma del terremoto. Quattro anni dopo il magistrale colpo Maradona, siglato con Ferlaino e quegli imprenditori che formavano un consiglio d'amministrazione di grande qualità. Nell'87 Diego vinse lo scudetto, facendo un regalo alla sua amata Napoli e a quel dirigente che aveva indossato più a lungo di tutti i capitani la fascia, simbolo di profondo attaccamento. Gigi e Totonno usavano le stesse parole per raccontare il legame con Cagliari e Napoli. Chissà se nei pensieri di Riva passò l'idea di indossare l'azzurro, visto che al San Paolo si sentiva tra amici. Di certo proprio nell'anno dello scudetto 87 il Napoli di Maradona diede alla sua società - ne era il vicepresidente - un contributo importante per evitare il fallimento: 400 milioni di lire nelle casse del Cagliari per una partita di Coppa Italia contro gli azzurri, neo campioni d'Italia. 

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Negli ultimi anni Riva era stato sulla ribalta grazie alla Nazionale, vicino a tutti i ct e vivendo al fianco di Lippi (e dei napoletani Cannavaro e Ferrara) la gioia per il trionfo mondiale a Berlino. Juliano si era rivisto nella sede di Soccavo nei mesi della retrocessione in serie B con 14 punti, poi provò a far ripartire il Napoli con Ulivieri. Tentativo fallito. E uscì di scena, nascondendo come Gigi i suoi affanni fino alla fine. Fino a quegli applausi in due chiese di Cagliari e Napoli che non avremmo voluto mai ascoltare. 

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