Una questione di principio, dunque irrisolvibile conoscendo De Laurentiis e considerando la decisione della Figc di andare avanti con il piano di assunzione di Spalletti come ct a prescindere dalle parole-diffide del presidente del Napoli. Muro contro muro, cosa che non dispiace al patron azzurro, difficilmente disposto a mediare.
Questa tensione Napoli-Figc per il futuro ct - obbligato a versare una penale di poco meno di 3 milioni alla società con cui ha vinto lo scudetto nel caso decida di tornare in panchina - ci riporta all'estate del 2004, quella del fallimento della Ssc Napoli e dell'ingresso in scena di De Laurentiis, guarda caso sostenuto dai vertici di allora della Figc, guidata da Carraro. A Napoli c'era un “partito di opinione”, composto dai gruppi ultrà delle due curve, che spingeva per il passaggio della squadra a Gaucci, patron del Perugia, convinto di poter conservare il posto in serie B (il Napoli di Simoni si era salvato a stento).
Si ripartì dalla serie C, con puntuali contestazioni al presidente federale. Lo striscione con la sua foto e la scritta “Carraro infame” costava 3mila euro a partita al Napoli. Piano piano l'obiettivo venne spostato sui risultati della squadra, che con Reja riuscì a compiere il doppio salto dalla serie C alla serie A e nel 2006, poche settimane dopo il trionfo mondiale, la Nazionale di capitan Cannavaro venne a giocare al San Paolo.
I rapporti tra De Laurentiis e il Palazzo sono stati raramente sereni, ma poco più di un anno fa vi era stato un chiarimento con Gravina, quando la Figc aveva deciso di allungare i tempi per la cessione del Bari, l'altro club della famiglia del produttore. E nella scorsa primavera a Fuorigotta era tornata la Nazionale. Sembrava una situazione idilliaca ma allora Spalletti era ancora sulla panchina azzurra del Napoli...