Garcia e Spalletti, intervista a Giancarlo Dotto: «La sfida di Rudi al mondo spallettiano»

«Rudi ti seduce col suo garbo, è un uomo lineare»

Rudi Garcia
Rudi Garcia
di Bruno Majorano
Sabato 23 Settembre 2023, 08:12 - Ultimo agg. 19:46
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Un amico, prima ancora che un giornalista. Un amico di Rudi Garcia e Luciano Spalletti. Giancarlo Dotto li ha conosciuti entrambi e li conosce tutt'ora benissimo. E quando ne parla fa quasi fatica a tenere a freno i particolari, anche quelli che dovrebbero rimanere «off records».

E allora subito, a bruciapelo: la prima differenza che le viene in mente tra Spalletti e Garcia?
«Rudi è la sostenibile leggerezza dell'essere. Luciano l'insostenibile fatica dell'essere».

L'inizio promette bene. Ma proviamo ad andare ancora più a fondo e iniziamo da Garcia.
«Ha un approccio più garbato e semplice rispetto a Spalletti. È un uomo più lineare.

Non è tortuoso e tormentato. All'inizio ti seduce col suo garbo».

Si aspettava tutte queste difficoltà nell'inizio della sua gestione a Napoli?
«Siamo onesti: si è preso una bella gatta da pelare. Allenare il Napoli campione d'Italia, che ha incantato per una stagione intera, sarebbe un compito proibitivo per chiunque».

Eppure ha accettato la proposta di De Laurentiis...
«Naturalmente la posta in palio era molto seducente. Non solo dal punto di vista economico. A Roma è stato benissimo, per lui è stata esperienza magnifica, dove ha trovato anche l'amore. Ecco perché voleva riprovare quelle emozioni della serie A e Napoli è una piazza molto vicina a quella romana».

Ma i nodi sono già venuti tutti al pettine.
«Non so se abbia sottovalutato o se era consapevole del quoziente di difficoltà così elevato del calarsi in una situazione come questa. Oggi Rudi sta pagando non solo il prezzo oggettivo di un lascito come quello di Spalletti ma anche il fatto che tale lascito sia stato così traumatico e prematuro. Se la donna della tua vita ti lascia quando il rapporto sta vivendo la sua estasi, diventa ancora più doloroso».

Per questo i napoletani sono già così preoccupati per le sorti della loro squadra?
«Non è stato nemmeno necessario il mezzo passo falso per arrivare a questa delusione. I malumori erano in agguato. Se pure le avesse vinte tutte, probabilmente i tifosi avrebbero comunque trovato delle falle nella qualità del gioco».

Di sicuro i risultati non sono dalla sua parte.
«Sì, fino a oggi sono stati zoppicanti. E c'è stata una evidente flessione della qualità del gioco. Negli occhi è ancora troppo fresca l'immagine di quel Napoli brillante per poter vedere una prova come quella di Braga dove a mio parere è stato toccato il punto più basso della gestione di Rudi».

Ha subito deciso di tagliare nettamente con il passato.
«Ecco, diciamo che dal punto di vista della comunicazione non è stata una scelta troppo saggia. Rudi si è cacciato in una situazione infernale. È l'uomo del garbo e della mediazione, ma ogni tanto perde la pazienza. Ha dei momenti di debolezza e quando si è sentito assediato dal “mondo spallettiano” ha avuto un rigurgito di orgoglio che ha complicato la sua esistenza. Come fai a dire dimentichiamoci del passato quando è ancora presenza? Non è stata una buona scelta. Ha sentito il bisogno di marcare un po' troppo la differenza con quel mondo».

E allora torniamo a Spalletti.
«Luciano all'inizio può risultare quasi un cactus. È complicato. Poi col tempo la sua passione ti penetra e ti conquista. Spalletti non è un uomo: è un altoforno ad altissima combustione laddove combustione uguale passione. Ti invade dentro con la forza persuasiva della passione e dell'applicazione costante. Ha un obiettivo monocorde: il calcio. Per questo ha realmente bisogno di staccare la spina».

È quello che ha fatto alla fine della passata stagione.
«L'esaurimento della sua energia è stato accelerato dal rapporto non facile con De Laurentiis che lo ha consumato insieme a quella che è la sua naturale predisposizione a esaurirsi».

Ora come lo vede alla guida della Nazionale?
«Sono felice per lui. Era palesemente in un conflitto gigantesco, come tutto nella sua vita. Da un lato aveva il bisogno di staccare, dall'altra aveva la voglia di calcio. La sua testa pensa calcio e mastica calcio 24 ore su 24. Andare in un altro club lo metteva fortemente in crisi, mentre l'arrivo della Nazionale che considerava come l'obiettivo della sua storia da allenatore lo ha reso felice. Ecco perché non ha avuto dubbi e nell'impatto con la Nazionale ha messo in campo la sua virtù principale: comunicare passione». 

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