Napoli, ultras in protesta: i motivi della rivolta e il regolamento d'uso dello stadio

E mentre De Laurentiis parla di «stadio per le famiglie» le famiglie fuggono via dagli spalti

Lo spicchio vuoto in Curva B
Lo spicchio vuoto in Curva B
di Gennaro Arpaia
Lunedì 3 Aprile 2023, 15:09 - Ultimo agg. 4 Aprile, 07:10
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Se gli extraterrestri dovessero decidere finalmente di sbarcare sulla terra e per puro caso scegliessero lo stadio Maradona, proprio non potrebbero immaginare che il Napoli, la squadra cittadina per eccellenza, è la grande favorita per la vittoria del prossimo scudetto, quello che sarebbe il terzo della sua storia quasi centenaria. Quello andato in scena prima e durante Napoli-Milan è un insieme di bellezze e brutture, di contrasti e paradossi che solo una città fondata sul paradosso può accettare: una serata tanto strana da far passare in secondo piano la peggiore sconfitta della stagione, forse dell’intera gestione Spalletti in città negli ultimi due anni. Il Milan passeggia in un Maradona che sembra San Siro: i milanisti - circa 800 quelli presenti ieri a Fuorigrotta - sbandierano e cantano forte. Si sente chiara la loro voce, quella che arriva dai megafoni presenti all’interno del settore ospiti. Tutto un equipaggiamento che invece altrove non si trova. 

Sembra essere appunto questo il pomo della discordia più importante: Aurelio De Laurentiis da un lato, i gruppi ultras dall’altro. E nemmeno tutti, in realtà: perché al loro interno anche i gruppi organizzati vedo la “protesta” in modo diverso. Gli scontri di ieri in Curva B lo hanno confermato: Fedayn contro Ultras 72, nel vero senso della parola, raccontano i testimoni. C’è chi vorrebbe contestare apertamente la società e chi invece “protestare” con il silenzio. Forse l’arma più forte che un tifoso può usare allo stadio. I due gruppi sono agli opposti già da diverso tempo a causa dell'adesione dei secondi alla Tessera del tifoso, un mezzo per poter stare più vicini alla squadra in una annata storica.

Sia in casa che in trasferta, in Italia e in Europa. Le incomprensioni non si risolvono e si arriva allo scontro con il settore popolare che in un attimo diventa campo di battaglia: calci, schiaffi, pugni e cinghiate, tutto lecito per un momento e anche paparazzato. I video degli scontri diventano subito virali. Tutto intorno si sparge il panico: papà che scappano con i figli sulle spalle, donne e uomini che provano ad allontanarsi dall’epicentro di uno scontro che dura qualche minuto. Poi di nuovo tutti al proprio posto. Ma lo spettacolo più indegno era ormai già andato in scena. Più composta la situazione nella dirimpettaia Curva A. Quando da alcuni gruppi, poi, sono partiti cori contro De Laurentiis e il club nel finale di gara, il resto dello stadio ha fischiato con veemenza. Chiedendo addirittura agli ultras di lasciare lo stadio per il bene della squadra e del momento.  

Serviva unità d’intenti e invece è mancata anche stavolta. Ma perché gli ultras ce l’hanno così tanto con questa società? Fuori dal Maradona, il Napoli sta provando a portare quello che qualsiasi metropoli al mondo meriterebbe, dentro dal Maradona però è diventato protagonista da un bel po’ di mesi qualcosa che nemmeno esisteva non troppo tempo fa. L’ormai famoso Regolamento d’uso dell'impianto, il motivo del contendere che tutti gli ultras indicano col dito puntato. Mentre i milanisti - e tutte le altre tifoserie arrivate a Fuorigrotta - possono portare al Maradona tamburi e bandiere per sostenere la propria squadra, le Curve napoletane hanno via via risposto a un regolamento sempre più rigido e stringente. Di tamburi e megafoni nemmeno l’ombra, persino le bandiere sono diventate un lusso: sparute, di piccole dimensioni, persino spelacchiate a volte. E questo crea rabbia. Ma dietro il Regolamento c’è anche altro: c’è una città ormai divisa sulle tribune, uno stadio che forse va inevitabilmente trasformandosi e un mondo, quello ultras, che non ha mai teso la mano alla società e a cui nessuna mano è stata tesa. E mentre De Laurentiis parla di «stadio per le famiglie» le famiglie fuggono via dagli spalti. Negli ultimi anni il club si è allontanato sempre più dai tifosi e viceversa, nemmeno i grandi risultati della stagione in corso hanno aiutato: da Napoli-Verona alle feroci proteste dell'ultima estate, dagli striscioni contro Spalletti e la sua Panda fino alla contestazione del finale della scorsa annata. Una ferita che non sembra rimarginarsi. 

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Ieri i tifosi di entrambe le Curve si erano raggruppati all’esterno del Maradona già dal primo pomeriggio. Fumogeni azzurri, cori altissimi, sbandierate ad arte per farsi notare prima dell’ingresso in campo. L’appuntamento è stato rispettato e tutto sembrava potesse andare per il meglio, ma così non è stato. Il silenzio annunciato ha fatto male a tutti, perché non tifare per la propria squadra del cuore - pur sprovvisti di vessilli e strumenti - non può essere la strada migliore per la risoluzione. Alla fine, il 4-0 milanista che dovrebbe essere preoccupante rischia di passare inosservato: Leao, Brahim e Theo hanno fatto a pezzi gli azzurri per una volta, ma Napoli si è fatta a pezzi da sola fuori dal campo. Alla fine del campionato mancano ancora dieci partite, cinque di queste ancora al Maradona. Servirà un cambio di marcia sul rettilineo di una stagione per regalarsi uno scudetto atteso 33 anni. E anche per convincere gli extraterrestri.

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