Avellino, lavoratori Iia in sciopero: «Venga anche il vescovo»

Riparte la mobilitazione dei lavoratori dello stabilimento di valle Ufita

Avellino, lavoratori Iia in sciopero
Avellino, lavoratori Iia in sciopero
di Michele De Leo
Martedì 16 Aprile 2024, 09:44
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«La Industria Italiana Autobus è un bene comune irpino da salvare». Riparte la mobilitazione dei lavoratori dello stabilimento di valle Ufita specializzato nella produzione di autobus per il trasporto pubblico. Domani così come concordato nel corso dell'assemblea tenutasi nella sala mensa della fabbrica gli addetti incroceranno le braccia per sei ore alla fine di ogni turno e manifesteranno in sit in dinanzi ai cancelli dell'azienda. La nuova iniziativa di protesta - che prenderà il via alle 10 - si sposterà, subito dopo, nel piazzale antistante la dogana aragonese di Flumeri, presumibilmente attraverso un corteo organizzato. Le organizzazioni sindacali hanno invitato al presidio il presidente della Provincia Rizieri Buonopane, i sindaci del territorio, la deputazione nazionale e regionale eletta in Irpinia oltre al Vescovo della Diocesi di Ariano Irpino e Lacedonia Sergio Melillo.

«Unitamente ai lavoratori dello stabilimento di valle Ufita - evidenziano, attraverso una nota, i sindacati confederali e le organizzazioni di categoria - vogliamo sensibilizzare le istituzioni, le amministrazioni ed il territorio sulle criticità derivanti dalle notizie di dismissione di Leonardo da azionista della Industria Italiana Autobus a favore di soggetti che hanno già creato gravi danni sul territorio irpino».

Le parti sociali e gli addetti chiamano tutti a raccolta, per rilanciare il fronte comune che, già nelle scorse settimane, si è schierato compatto a salvaguardia di un'azienda che rappresenta un segnale di speranza per l'intera area.

«È a rischio - aggiungono i sindacati - il lavoro di centinaia di famiglie e potremmo andare incontro ad un ulteriore impoverimento del nostro territorio. Chiediamo un confronto con istituzioni, amministratori, deputazione nazionale e regionale e con le comunità perché sulla vicenda serve la massima attenzione e sensibilizzazione, per non andare alla deriva dopo decenni di lotte per il territorio». La decisione di far ripartire la mobilitazione è arrivata nel corso di un'infuocata assemblea convocata per fare il punto della situazione e decidere come agire di fronte all'indifferenza del Governo rispetto alla questione. «Diventa necessario - evidenzia il segretario della Uilm Gaetano Altieri - rilanciare la vertenza: siamo dispiaciuti per la disattenzione del Governo rispetto anche agli impegni assunti e diventa a questo punto necessario fare fronte comune per provare a riaprire un tavolo ministeriale dove ci aspettiamo risposte per un rilancio vero di questa area e di uno stabilimento strategico per l'intera provincia e non solo».

Gli fa eco il segretario della Cisl Fernando Vecchione: «È stata un'assemblea partecipata e burrascosa. Non si comprende come mai i debiti aumentano a discapito della produttività. Dobbiamo fare rete: è fondamentale fare fronte comune per salvaguardare un'azienda che è un vero gioiellino del panorama industriale italiano». Il segretario della Cgil Franco Fiordellisi non manca un affondo nei confronti degli azionisti pubblici della Industria Italiana Autobus. «Le imprese che sono vicine al Governo spiega - sono rimaste sorde rispetto alla necessità di avere un partner forte per sviluppare industrialmente le attività. Inoltre, abbiamo avuto una serie di manager che hanno portato quasi al collasso un'azienda che ha delle potenzialità straordinarie per tutto il territorio. Non si capisce la distrazione nei confronti di quest'azienda ma non può finire e non finirà così». Anche il segretario della Fismic Giuseppe Zaolino è critico nei confronti del management aziendale.

«Siamo tutti d'accordo chiosa - sulla necessità che la Industria Italiana Autobus resti in mano pubblica e con soggetti che abbiano capacità imprenditoriali. Abbiamo capito che i danni fatti da questo gruppo dirigente ci hanno portato sul lastrico: dobbiamo sapere chi sono i colpevoli perché una società pubblica, che aveva commesse e soldi per gli investimenti, è stata ridotta in queste condizioni».

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