Fitti in nero, è stretta sui controlli ma il Litorale Domitio resta un «paradiso»: 20mila case per l'esercito di immigrati clandestini

Un blitz dei carabinieri nelle case fittate a nero a Castelvolturno
Un blitz dei carabinieri nelle case fittate a nero a Castelvolturno
di Mary Liguori e Valentino Di Giacomo
- Ultimo agg. 27 Marzo, 09:05
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Da «Milano Marittima» del Sud a nuova «banlieu» d’Europa su cui si concentra l’attenzione dell’Antiterrorismo e dell’Intelligence. Il Litorale Domitio, tra gli anni 60 e 70, era uno dei più rinomati poli turistici della regione. Poi l’«invasione» post terremoto, i sequestri degli immobili, il mare sempre più sporco e inquinato hanno determinato la fuga da quello che era uno dei tratti di costa più belli d’Italia. 

Con il degrado è arrivata l’immigrazione clandestina, un flusso massiccio che ha portato sul lungomare casertano una quantità, una gran parte di fede musulmana. Gli alberghi che un tempo erano meta di villeggianti oggi sono scheletri di cemento dalle cui finestre, ormai orbite cieche, fanno capolino immigrati di ogni nazionalità. La comunità più folta è quella nigeriana, di fede pentecostale, seguita da quella ghanese-islamica. Le varie etnie, compresa quella italiana, convivono in compartimenti stagni. Coloro che non vivono nelle strutture ricettive abbandonate sono solo una minima parte della popolazione di fatto residente.
L’anagrafe del Comune di Castelvolturno conta 25mila persone, ma le case che insistono nei trenta chilometri di Litorale, da Pescopagano a Lago Patria, sono ben 36mila. La metà sono fittate in nero, nel 40 per cento dei casi a immigrati clandestini. Il controllo sarebbe affidato alla polizia locale, ma il comando locale conta appena quindici vigili urbani. Vien da sé che non c’è la capacità materiale di verificare fisicamente chi vive nelle oltre 20mila case costruite durante il boom degli anni 60.

La normativa italiana, rispetto a tante altre europee, è molto stringente quando si tratta di affittare appartamenti a immigrati. Qui dare una casa o un lavoro ai clandestini è considerato un reato penale. Solo due giorni fa, durante un blitz della squadra mobile di Caserta, un uomo è stato denunciato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per avere fittato una casa a una banda di albanesi irregolari che si è scoperto essere stati autori di una serie di furti in villa in Toscana. Eppure, nonostante il flusso massiccio di immigrati, Castelvolturno resta una sorta di «paradiso» per chi cerca casa e ha interesse a non essere registrato. Chi affitta la propria abitazione avrebbe l’obbligo di dichiarare a polizia o carabinieri i nominativi dei propri inquilini. Ciò avviene raramente. E anche se avvenisse puntualmente, manca una banca dati internazionale che consentirebbe alle autorità di tutta Europa di rintracciare eventuali sospettati che hanno trovato «casa», e quindi rifugio, fuori dai propri confini.
Secondo gli analisti dei Servizi è in territori come questi che possono crearsi le condizioni favorevoli alla proliferazione di cellule jihadiste.

Non esistono ancora rilevanze concrete o allarmi specifici in questo senso perché - viene rilevato nei dossier degli 007 - quello del Casertano è un flusso migratorio di una popolazione ancora scarsamente alfabetizzata. L’attenzione è concentrata sui centri islamici del territorio e nelle moschee improvvisate (il principale luogo di culto dei musulmani a Castelvolturno è collocato dentro una salumeria), ma gran parte dell’indottrinamento al jihad avviene tramite il web. Ma non è possibile abbassare l’attenzione su un fenomeno che, così come scoppiato in Francia nelle «banlieu» e in Belgio in quartieri come Molenbeek, può non molto tardi rivelarsi anche nel Casertano. 
Non è diversa la situazione nella vicina Mondragone, anche se in proporzioni ridotte. L’evanescenza delle comunità straniere qui è addirittura impalpabile: gli asiatici, cingalesi e bangladesi, si accontentano addirittura di alloggiare nelle stalle, accanto alle bestie che governano essendo la maggior parte di loro custodi sottopagati e sfruttati nelle aziende bufaline.

Negli «anni di piombo» il controllo dei registri degli appartamenti in fitto fu decisivo per il contrasto alle Brigate rosse. Sia l’esperienza nella lotta ai gruppi eversivi che quella alla mafia rappresenta una letteratura scientifica fondamentale per affrontare le nuove sfide del terrorismo che si presentano oggi sia per gli 007 che per i nuclei dell’Antiterrorismo.
La questura di Caserta riserva naturalmente importanti energie al fenomeno, il monitoraggio, prima ancora che la repressione, è la base dell’attività della polizia in zona. 
 
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