Maurizio De Giovanni: «Io denigrato a Salerno ma il sindaco resta zitto»

L'autore napoletano è sdegnato per le accuse di un consigliere comunale

Maurizio De Giovanni
Maurizio De Giovanni
di Giuliana Covella
Domenica 11 Giugno 2023, 10:12 - Ultimo agg. 12 Giugno, 08:01
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«Non posso accettare che mi si dia del razzista, è contro tutto ciò in cui credo e descrivo nei miei libri. Perciò ribadisco che non andrò dove non sono gradito». Maurizio de Giovanni, 65 anni, tra gli scrittori italiani più famosi al mondo (i suoi libri sono tradotti in 46 nazioni e ispirano fiction da ascolti record), napoletano doc e supertifoso azzurro, risponde così a chi lo ha accusato di percepire compensi per la sua presenza a «SalernoLetteratura», a cui avrebbe dovuto partecipare il 20 giugno. Una polemica nata due giorni fa, quando il consigliere comunale di opposizione Antonio Cammarota ha diffuso sui social una lettera indirizzata al sindaco Vincenzo Napoli in cui gli chiedeva di revocare il contributo «assegnato a Salerno Letteratura e utilizzato per de Giovanni», accusato di non aver mai mancato di «rimarcare la differenza tra Napoli e Salerno e la pretesa napoletanità tra "noi" e "loro" in un'operazione divisiva e senza cultura, perché la diversità quando diventa differenza si chiama razzismo». Una parola, quest'ultima che lascia l'amaro in bocca allo scrittore partenopeo, che spiega le ragioni per cui non interverrà al festival.

Dopo la solidarietà di Paolo Di Paolo, ieri è arrivata quella dell'altro codirettore artistico della kermesse, Gennaro Carillo, che ha sottolineato come «nessuna ingerenza, pressione né intimidazione possano indurci a revocare la decisione - sacrosanta - di avere Maurizio a Salerno». L'hanno convinta?

«Assolutamente no.

Non andrò dove la mia presenza non è gradita, come ho già spiegato sul mio profilo Facebook».

Brutta polemica, davvero.
«Tutto parte nei mesi scorsi, quando durante il campionato sono intervenuto a livello pubblico contro lo sconcio dei cori della curva della Salernitana contro Napoli. Un discorso che, sia chiaro, vale anche per i napoletani. Ho sempre trovato assurdi certi atteggiamenti, perché siamo lo stesso popolo e quei cori ci indeboliscono, essendo invece il calcio un fenomeno di grande impatto sociale e popolare. Chiamai perciò in causa le istituzioni per farle intervenire contro questo scempio, in particolare il sindaco di Salerno e il presidente della Regione, ma da loro finora silenzio totale».

Dopo i suoi interventi che cosa è accaduto?
«Da allora sono stato visto dai tifosi granata come uno che è contro la Salernitana. Una percezione di me come anti salernitano che non tollero, dato che alla loro città sono molto legato, lì ho tantissimi dei miei lettori e molti cari amici come Massimiliano Amato, Piera Carlomagno, Pina Masturzo, solo per citarne alcuni. In più il commissario Ricciardi, protagonista dei miei libri più noti al pubblico, è originario del Cilento. Tanto è vero che ho avuto la cittadinanza onoraria di piccoli Comuni come Vibonati e Casaletto Spartano (proprio qui, nella contrada di Fortino, è nato il personaggio interpretato da Lino Guanciale)».

Criticano anche i suoi i presunti compensi.
«Ho sempre partecipato a presentazioni ed eventi senza percepire un centesimo. Sono andato ovunque senza chiedere mai nessun rimborso, né per le spese di viaggio né per alberghi o altro. Tanto più che, in questo caso, Salerno è a 50 chilometri di distanza da Napoli, per cui sarei rientrato a casa la sera. Il risultato è che alla fine mi arrivano queste minacce».

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In che senso?
«Dopo aver ricevuto l'invito a partecipare al festival insieme al mio amico scrittore Diego De Silva (che ringrazio per la solidarietà), un consigliere comunale di minoranza ha scritto una lettera al sindaco nella quale ho rilevato una subdola minaccia nei miei confronti, dove si dice che prendo soldi e mi si denigra. Vorrei piuttosto che tirassero fuori una mia frase, anche presa da un'intervista, in cui io abbia detto una sola parola contro i salernitani».

Che cosa ha risposto il primo cittadino di Salerno?
«Mi sarei aspettato un suo intervento pubblico, invece silenzio assoluto».

Una polemica nata dal tifo: cosa vuol dire per lei questa parola?
«Il tifo è a favore, non contro. Non significa odio verso le altre squadre. Ecco perché non accetto di essere chiamato razzista, è un discorso ottuso e divisivo del Paese, peraltro in una fase delicata in cui si parla di autonomia differenziata».
 

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