Ennio Morricone, maestro e amico raccontato da Mauro Di Domenico

Il chitarrista scrittore srotola i tempi della sua amicizia con Morricone, partendo da una devozione iniziata da bambino

Ennio Morricone
Ennio Morricone
di Federico Vacalebre
Sabato 6 Maggio 2023, 09:00
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Ci ha preso gusto Mauro Di Domenico a vestire, anche, i panni di narratore, anche se poi, come già successo con il precedente libro del 2017, Una chitarra tra Napoli e il mondo, è probabile che dalle pagine nasca un recital, un concerto, un tour.

Quando incontri una leggenda, presentato ieri sera all'auditorium di Bagnoli, nasce in qualche modo per completare il racconto di un disco doppio come «Di Domenico plays Morricone - The images soul» del 2007. Dopo le prefazioni di Mauro Pagani e Peppe Vessicchio, infatti, il chitarrista-scrittore srotola i tempi della sua amicizia con Morricone, partendo da una devozione iniziata da bambino, quando aveva trasformato in un fischiettio-tormentone il tema di «Per un pugno di dollari», grazie a un 45 giri regalatogli dal papà Lello, tenore. «Torturai il disco con ascolti continui - il lato A con il tema per tromba e orchestra, e il lato B con quel fischio che mi aveva stregato - e sulla copertina lessi per la prima volta un nome che non avrei dimenticato più: Ennio Morricone. Iniziò così la mia caccia al tesoro», scrive subito l'allievo di Eduardo Caliendo, che nell'occasione si procurò in famiglia il soprannome di «Mauruccio siscariello».

Da lì parte un racconto che tiene insieme i molti amici, le molte vite e i molti talenti di De Domenico: il primo incontro con il non ancora Premio Oscar avviene, in data indefinita, nei mitici studi di registrazione Forum di Roma, poi i rendez vous saranno a casa del compositore, o magari al telefono, che pealtro ha un ruolo da protagonista, in questa storia.

Avviene infatti, che Mauro telefoni una volta ad Ennio e ne riceva una risposta secca, irata, anche sgarbata, come nei toni del maestro: «Ti prego, chiamami dopo. Sto a pranzo con Maria, non la vedo mai durante il giorno, il pranzo è l'unico momento in cui riusciamo a parlarci. Chiamami dopo, scusa». Clic. Terrore. Soprattutto, quando, il giorno dopo, il musicista comunica al più giovane collega di aver finalmente scritto quel brano destinato ad impreziosire un album di riletture morriconiane. Titolo? «Non telefonare». Terrore. Poi un sorriso dell'uomo che ha dato un suono agli spaghetti western: «Sto rifacendo le linee telefoniche e ho tutti gli apparecchi staccati. Quindi nessuno può telefonarmi: pensavo a questo mentre scrivevo il brano». Peraltro collegato a «Se telefonando», a sua volta ispirato dal suono delle sirene della polizia di Marsiglia.

Nel libro, che evita toni troppo personali anche per il pudore che accomuna i figli del maestro, c'è un capitolo dedicato a una visita speciale in casa Morricone, con la piccola Rebecca, 12 anni, che aveva chiesto: «Papo, me lo fai conoscere?». Tornerà a casa commentando: Papà, è forte, Morricone!... Si è comportato come un nonno. Il nonno Lello che non ho mai conosciuto». Un nonno dovette sembrare Ennio anche a mio figlio Marcos, all'epoca decenne, con me in occasione dei concerti tenuti nel 2007 prima di rititare l'Oscar: durante l'intervista, in un hotel-grattacielo di New York, se ne stette buono buono disteso sulla moquette a disegnare. Alla fine regalò il suo scarabocchio al... nonno Ennio. Ma questo col libro non c'entra e nel libro non c'è, mentre ci sono altri maestri ed amici incontrati da Mauro, intorno al pianeta Morricone (penso alle pagine dedicate a Giuseppe Tornatore, a Giuliano Montaldo, a Totò Cascio), ma non solo, con il sentito omaggio a Luis Sepùlveda, o quello, altrettanto emozionato, a Pino Daniele, a cui nel 2018 ha dedicato il cd «Essenza»: fu lui a suggerirgli di usare una chitarra midi come la Paradis, che tanto colpì l'autore della colonna sonora di «C'era una volta in America». Mauro ne porta una riproduzione in miniatura al collo: «Così li sento tutti e due più vicini», dice a bassa voce, nascondendosi dietro gli occhiali. 

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