«Il cinema di Mimmo Paladino. Fotografie di Pasquale Palmieri», la mostra a Villa Campolieto

Sono esposte 45 immagini di grande formato a colori, a cui si affiancano altrettante fotografie in bianco e nero di più piccole dimensioni

Mimmo Paladino
Mimmo Paladino
di Giovanni Chianelli
Venerdì 23 Giugno 2023, 11:00
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Di Mimmo Paladino è sempre stato l'occhio in più, lo sguardo esterno e al contempo così prossimo al suo lavoro. Dai tempi dell'università Pasquale Palmieri ritrae col suo obiettivo la produzione dell'artista beneventano ed è stato il fotografo di scena dei film «Quijote» e «La divina cometa» e dei corti «Labyrintus» e «Ho perso il cunto», diretti dall'autore della Montagna di sale. Ieri è stata inaugurata la mostra «Il cinema di Mimmo Paladino. Fotografie di Pasquale Palmieri» a cura di Maria Savarese, visitabile fino al 17 settembre a Villa Campolieto, in Ercolano, edificio vanvitelliano che fu la prima sede della mostra «Terrae Motus», ideata nella prima metà degli anni Ottanta da Lucio Amelio, in cui era presente lo stesso Paladino.

Sono esposte 45 immagini di grande formato a colori, a cui si affiancano altrettante fotografie in bianco e nero di più piccole dimensioni, tutte prese dai vari set.

L'allestimento, non cronologico ma tematico, tramite il lavoro di Palmieri restituisce il rapporto di Paladino con il cinema nelle varie fasi: dalla ricerca delle location al dialogo con attori, al rapporto coi tecnici e le maestranze alla selezione degli oggetti di scena. 

Negli scatti si ritrovano volti noti e momenti della lavorazione: Lucio Dalla e Peppe Servillo nei panni dei personaggi creati da Cervantes nel primo film, del 2006, Sergio Rubini e Alessandro Haber protagonisti dei due cortometraggi, fino a Cecilia Donadio e Toni Servillo che con Francesco De Gregori e Nino D'Angelo hanno lavorato all'ultimo, «La divina cometa» (2022); ma c'è anche il regista immerso nell'esame di alcuni materiali mentre accanto a lui i collaboratori sistemano le opere d'arte (coprotagoniste dei film) e poi gli ambienti delle riprese puntualmente suggestivi, metafisici.

Ne esce fuori «un'etnografia visiva del set cinematografico necessaria a cogliere aspetti e dettagli della vita quotidiana del lavoro filmico», scrive Savarese. «Il racconto di Pasquale Palmieri risulta unico e determinante, non solo nella sua capacità di svelare, attraverso le immagini, la costruzione dell'opera cinematografica di Paladino, ma nella sua peculiarità di ricostruire un particolare ambito della cultura contemporanea della nostra regione, quello dell'area del Sannio» aggiunge, in riferimento all'origine di Palmieri che pure è di Benevento e che, come architetto, fu complice di Paladino nella creazione dell'Hortus conclusus, il giardino artistico del centro storico del capoluogo sannita. Dice Palmieri: «Uno stage con il più grande fotografo del mondo non sarebbe stato più formativo della frequentazione di un grande artista. Il contatto con la creazione della bellezza mi bastava per definire la mia visione del mondo. Ho conosciuto l'importanza del dubbio, dell'incertezza, dell'imperfezione, del vuoto che precede la creazione, del non finito, delle zone d'ombra dell'arte nel suo farsi. Ma non c'era bisogno di parole: la comunicazione con l'artista avveniva per osmosi».

 

Il progetto è coprodotto dalla fondazione Campania dei Festival, Film Commission Regione Campania, fondazione Mannajuolo, l'associazione culturale Archivi della Memoria e realizzato in collaborazione con l'ente Ville Vesuviane; il catalogo, con contributi di Ruggero Cappuccio e Titta Fiore, è edito da arte'm.

Per Gennaro Miranda, presidente delle Ville Vesuviane, «questa eccezionale mostra consente al visitatore di immergersi nel backstage delle opere cinematografiche del maestro scoprendone aspetti inediti e vivendo la magica atmosfera del set, del dietro le quinte, cogliendo l'attimo in cui la pulsione creativa si trasforma in opera d'arte». 

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