Aiuti per affitti e restauri, un piano per salvare i locali storici delle città: fondo da 150 milioni

Il sostegno destinato a negozi, ristoranti e bar che esistono da almeno 70 anni. Nella proposta di legge presentata dalla maggioranza un fondo da 150 milioni

Aiuti per affitti e restauri, un piano per salvare i locali storici delle città
​Aiuti per affitti e restauri, un piano per salvare i locali storici delle città
di Andrea Bulleri
Domenica 16 Aprile 2023, 00:32 - Ultimo agg. 18 Aprile, 11:05
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Dalla bottega di quartiere passata di mano di padre in figlio al ristorante che non ha mai abbandonato il centro. Dall’artigiano deciso a portare avanti la tradizione di famiglia fino all’albergatore che non vuol sapere di soccombere al boom degli affitti brevi, o di vendere a qualche grande gruppo internazionale. Per tutti loro, imprenditori, commercianti, piccoli (e grandi) esercenti fiaccati prima dalla pandemia, poi dal caro bollette, potrebbe presto arrivare una mano. Un sostegno concreto, pari, in ipotesi, a qualche decina di migliaia di euro, sotto forma di contributi per l’affitto, agevolazioni fiscali o sgravi per il restauro dei locali. Unico requisito (o quasi): essere aperti da più di 70 anni. 

IL PROGETTO

Il progetto, a prima firma del senatore leghista Gian Marco Centinaio, è appena stato presentato a Palazzo Madama. E presto approderà in commissione Attività produttive per cominciare il suo iter parlamentare. Quando vedrà la luce? L’esponente del Carroccio è ottimista: «Le risorse già ci sono – spiega Centinaio – 150 milioni di euro in tre anni di fondi attualmente stanziati a favore del ministero delle Imprese e del made in Italy, che in passato non sono stati spesi. E che quindi possono essere facilmente destinati a questo scopo». 
Ma cosa prevede esattamente il disegno di legge? L’obiettivo della proposta è aiutare i «locali storici» a sopravvivere alla desertificazione di attività commerciali di piccola e media grandezza nelle città, e soprattutto nei loro centri storici.

Dove negli ultimi dieci anni, si legge nella bozza del testo, «si è assistito a una trasformazione del tessuto commerciale, segnata dalla riduzione di negozi e botteghe tradizionali che hanno lasciato il posto a grandi catene oppure a piccoli negozi di minuteria cinese». Una vera e propria ecatombe, secondo Confcommercio, che stima in oltre 100mila le attività che hanno chiuso i battenti dal 2012 al 2022. Tanto che anche l’assessorato al Commercio del Comune di Roma, in collaborazione con le amministrazioni di Lisbona e Barcellona, starebbe lavorando a una proposta comune da presentare al Parlamento europeo per impedire la scomparsa delle botteghe storiche delle tre città. Il ddl va nella stessa direzione: salvare quei locali e negozi che abbiano svolto «per almeno settanta anni un’attività di produzione, somministrazione o vendita al dettaglio nello stesso settore merceologico». Ristoranti, caffè e alberghi di lunga data, ma anche laboratori e rivendite artigiani che non abbiano mai abbandonato le origini. 

I REQUISITI

I requisiti? Oltre all’età, per ricevere il contributo verrà richiesto di non aver mai cambiato sede. O, se lo si è fatto, bisognerà dimostrare che l’attività sia stata portata avanti «da almeno due generazioni consecutive di una medesima famiglia». In caso di cessione a un nuovo titolare, invece, per aver accesso ai benefici bisognerà aver mantenuto invariati «il settore merceologico», «le modalità di vendita o di produzione» e «le caratteristiche strutturali dei locali, gli stili e gli arredi delle origini».
Il ddl prevede poi l’istituzione di un «registro regionale dei locali storici», una sorta di bollinatura per gli esercenti accreditati. Che, per ricevere i fondi, dovranno rivolgersi ai rispettivi Comuni, che destineranno le risorse messe a disposizione dal ministero del made in Italy: 50 milioni l’anno per i prossimi tre anni. Gli aiuti potranno assumere la forma di un contributo per l’affitto, o per il «restauro» del locale se l’esercente è il proprietario. O ancora, potranno tradursi in «riduzioni o esenzioni dalle imposte o dai tributi posti a carico dei locali storici». 
Di quanto si parla? «Ci stiamo lavorando – spiega Centinaio – Ipotizziamo di alcune decine di migliaia di euro». Per il senatore, la legge potrebbe rappresentare una boccata d’ossigeno per i centri storici, «ma anche per le periferie e per i piccoli Comuni». «In Italia – continua Centinaio – abbiamo un enorme patrimonio storico e culturale, che passa anche dalla presenza di locali secolari che propongono piatti tipici, di botteghe che eseguono lavorazioni a rischio scomparsa. Il nostro obiettivo – conclude – è quello di far sì che possano continuare a vivere».

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