Mercato del lavoro, tsunami Covid: la mappa

Mercato del lavoro, tsunami Covid: la mappa
di Rita Annunziata
Domenica 10 Gennaio 2021, 16:33 - Ultimo agg. 17:27
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La crisi pandemica ha travolto il mercato del lavoro: secondo l’ultimo bollettino economico della Banca centrale europea, solo nel terzo trimestre del 2020 ha generato la più marcata contrazione dell’occupazione e del numero totale di ore lavorate mai registrata. Si parla rispettivamente di un calo del 3,2% (5,2 milioni di occupati in meno rispetto alla fine del 2019) e del 16,8%. Sempre su base trimestrale, il crollo totale delle ore lavorate nei servizi ricreativi è stato 40 volte maggiore rispetto al primo trimestre del 2009, mentre nel settore del commercio e dei trasporti è stato 15 volte superiore. Tra i mesi di febbraio e ottobre, invece, il tasso di disoccupazione è aumentato di 1,2 punti percentuali, sfiorando l’8,4%, sempre considerando che lo shock ha finito anche per scoraggiare gli sforzi di ricerca di alcuni lavoratori, confluiti direttamente tra gli inattivi.

Ma molto cambia a seconda del livello di istruzione, spiegano i ricercatori. «L’occupazione dei lavoratori con un livello elevato di istruzione non ha pressoché risentito della pandemia, mentre i lavoratori con un basso livello di istruzione hanno subito un brusco calo della loro condizione di occupati», si legge nello studio.

Analogamente, i giovani e le donne sono stati colpiti in misura sproporzionata rispetto agli anziani e agli uomini, sebbene in quest’ultimo caso la differenza risulti piuttosto contenuta. Per non dimenticare poi l’impatto del passaggio dal lavoro d’ufficio al telelavoro. Sebbene gli impieghi compatibili con il lavoro da remoto fossero ricoperti dal 33% dei dipendenti nel 2019, meno del 10% dichiarava di ricorrervi solitamente o talvolta. Una situazione completamente ribaltatasi nell’ultimo anno, con oltre un terzo degli europei che ha fatto ricorso al telelavoro per rispondere ai lockdown succedutisi.  Un aspetto che, secondo i ricercatori, soprattutto nei primi mesi potrebbe «aver sostenuto l’occupazione e le ore lavorate in alcuni settori, in particolare tra i lavoratori con livelli di istruzione più elevati».

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Ad attenuare l’impatto sul mercato, inoltre, sono state anche le misure volte al mantenimento dei posti di lavoro. Solo nel mese di aprile, gli individui coinvolti da tali sostegni hanno toccato i 32 milioni, un dato tre volte superiore al numero di disoccupati. Una quota poi progressivamente diminuita, fino a sfiorare gli otto milioni nel mese di ottobre. Ma considerando il numero elevato di lavoratori soggetti a condizioni temporanee, precisa lo studio, «l’interpretazione delle statistiche ufficiali del mercato del lavoro richiede cautela. In particolare, le misure volte al mantenimento dei posti di lavoro hanno contribuito a contenere un ulteriore aumento della disoccupazione e un calo più marcato dell’occupazione. Non è ancora chiaro, tuttavia, quanti di tali lavoratori torneranno con successo al normale orario di lavoro e quanti rischino di perdere il proprio impiego».

Intanto, quella che resta probabile è una riallocazione dei posti di lavoro, che darà slancio ai processi di automazione e digitalizzazione. «Le competenze proprie dei lavoratori esistenti potrebbero necessitare di miglioramenti», spiegano i ricercatori, e «i regimi volti al mantenimento dei posti di lavoro potrebbero coniugare la tutela dell’occupazione con l’offerta di percorsi formativi finalizzati ad agevolare la ristrutturazione delle competenze e a sostenere l’innalzamento del loro livello». Sulla stessa linea d’onda le ultime tendenze registrate dal Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e Anpal sul contesto nazionale. Anche in Italia, infatti, lo shock pandemico ha frenato i programmi di assunzione delle imprese, che hanno registrato un crollo del 30% rispetto al 2019 (si parla di circa 1,4 milioni di contratti di lavoro in meno, compresi quelli stagionali e di collaborazione). Una contrazione che ha toccato tutti i settori, ma che risulta maggiormente marcata per la filiera dell’accoglienza e la ristorazione (-40,7% per gli ingressi previsti) e il comparto della moda (-37,9%). Più contenute, invece, le flessioni relative al settore delle costruzioni (-15,9%), della sanità e dei servizi sociali privati (-17,1%) e della filiera agro-alimentare (-19,7%). Un contesto che, anche in questo caso, ha generato un’accelerazione dei diversi aspetti della trasformazione digitale. Le competenze in tal senso, infatti, sono richieste per il 60,4% dei profili ricercati, mentre per otto posizioni di lavoro su 10 sono richieste competenze green, «un altro fattore strategico di competitività a livello trasversale», si legge nel bollettino.

Restando al panorama tricolore, una nota di positività arriva dai dati dell’Istituto nazionale di statistica. Dopo una certa stabilità nel mese di ottobre, a novembre torna a crescere il numero degli occupati (+0,3% pari a 63mila unità in più). Un boost che ha riguardato entrambe le componenti di genere (per gli uomini si parla del +0,3% su ottobre e per le donne del +0,2%) ma anche dei dipendenti a tempo indeterminato, degli autonomi e di tutte le classi di età, a eccezione dei 25-34enni e dei dipendenti a termine. Cresce, però, il numero degli inattivi (+0,5%) tra donne, uomini e le fasce di età comprese tra i 25 e i 49 anni e sopra i 65 anni, mentre cala tra i 15-24enni e i 50-64enni. «La crescita dell’occupazione osservata tra luglio e settembre, che aveva registrato una battuta di arresto nel mese di ottobre, riprende a novembre, per effetto dell’aumento dei dipendenti permanenti e degli indipendenti», commenta l’Istat. Poi conclude: «Per il quarto mese consecutivo continua, con maggiore intensità, la diminuzione del numero di disoccupati, che porta il tasso sotto il 9%. I livelli di occupazione e disoccupazione sono inferiori a quelli di febbraio 2020, rispettivamente di 300 mila e di oltre 170 mila unità, mentre l’inattività è superiore di quasi 340 mila unità. Rispetto a febbraio, il tasso di occupazione è più basso di 0,6 punti percentuali e quello di disoccupazione torna invece a essere inferiore di 0,5 punti».

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