«Dopo i 60 anni le persone sono più felici»: il nuovo studio di Harvard spiega perché la felicità si fa attendere

La ricerca è stata condotta per un periodo di ben 80 anni, seguendo da vicino due generazioni di individui

A quale età si è più felici? Il nuovo studio di Harvard risponde in modo sorprendente
A quale età si è più felici? Il nuovo studio di Harvard risponde in modo sorprendente
Martedì 28 Novembre 2023, 20:06 - Ultimo agg. 29 Novembre, 07:00
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Un nuovo studio condotto dall'Università di Harvard suggerisce che, forse, la famosa "ricerca della felicità" non debba essere per forza eterna. Ma potrebbe comunque durare qualche decennio: secondo quanto suggerito dai risultati, infatti, sembra che il periodo più felice della vita arrivi dopo i 60 anni

Per realizzare la ricerca, sono state seguite da vicino le vite di due generazioni di individui delle stesse famiglie negli Stati Uniti e condotte migliaia di interviste, ma non solo.

Sono stati raccolti anche campioni di sangue e altri tipi di dati per studiare la loro salute fisica e mentale.

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La felicità arriva dopo i 60 anni, ecco perché

Da cosa dipende il raggiungimento della felicità in età avanzata? «Pensiamo che sia perché abbiamo un senso dei limiti della vita e sappiamo che la morte sia qualcosa di reale», spiega lo psichiatra Robert Waldinger, uno dei direttori dello studio. «Ciò ci rende più felici perché a partire da questa consapevolezza della morte come qualcosa di reale cambiamo le nostre vite. Ci togliamo dagli obblighi, dalle amicizie che non ci rendono felici o dagli incontri che non ci piacciono», chiarisce lo studioso.

La felicità, insomma, sembrerebbe in buona parte essere legata alle consapevolezze che riusciamo a raggiungere. «Questa maggiore felicità - spiega ancora lo psichiatra - è dovuta anche al fatto che il cervello dà più valore al positivo che al negativo e dà priorità a ciò che ci rende felici, in un periodo della vita in cui ci sono ancora cose da imparare e sviluppare». Inoltre, dopo i 60 anni «siamo emotivamente più saggi e questa saggezza ci fa prosperare», sottolineano gli autori dello studio.

Sui fattori che determinano la felicità, lo psichiatra Waldinger, insieme allo psicologo Marc Schulz, chiarisce che «né l'infanzia né l'indole naturale né il quartiere in cui si è cresciuti segnano il destino». Esseniale è il ruolo delle relazioni umane: «Vivere circondati da relazioni d'amore protegge il nostro corpo e la nostra mente». «Tutti possono prendere svolte positive nella propria vita - conclude Schulz -. Ciò e che ciò che contraddistingue "una buona vita" è la qualità delle relazioni».

Ad avere un impatto molto negativo sulla nostra esistenza, è, al contrario, la solitudine. Come lui stesso precisa, però, Waldinger si riferisce alla solitudine non ricercata, in quanto specifica che le persone introverse «traggono energia dallo stare da sole», contrariamente a quanto accade agli estroversi, che la ottengono dagli altri. Per questo motivo, lo psichiatra consiglia di «riflettere sui bisogni che ognuno di noi ha in termini di relazioni e solitudine, tenendo conto che c'è variabilità durante la vita e durante il corso della giornata».

Differenze generazionali e di genere 

Sul punti, Waldinger sottolineano che, indipendentemente dalle generazioni, esiste una differenza di genere per quanto riguarda i rapporti umani: «Le donne capiscono l'importanza di mantenere le relazioni meglio degli uomini, che invece non lavorano così attivamente per mantenerle». Anche il fattore generazionale, però, ha un impatto molto importante quando si parla di felicità, soprattutto perché tra le generazioni cambia il modo in cui questa viene intesa. Lo psicanalista spiega infatti che le generazioni più anziane avevano uno scopo più sociale nella vita, mentre ora le nuove tendono a  persegue un tipo di felicità edonistico. Questo però non deve far andare incontro a semplificazioni. Come spiega Wagner, è sbagliato affermare che la società di oggi renda più infelici, in quanto «esistono troppe variabili: «Gli schermi ci rendono più e meno felici, allo stesso tempo. Da una parte abbiamo un aumento del benessere economico e una società più sicura e più sana - dal punto di vista delle patologie fisiche che possono essere sconfitte - dall'altra parte, però, conosciamo più che mai sulla violenza presente nel mondo».

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