Morto Marcello Colasurdo, tammorre e colombe ​per l'addio a Pomigliano

Il popolo delle paranze si riunisce per l'addio al musicista: in chiesa risuona il canto di “Vesuvio”

I funerali di Marcello Colasurdo a Pomigliano
I funerali di Marcello Colasurdo a Pomigliano
di Pino Neri
Venerdì 7 Luglio 2023, 00:00 - Ultimo agg. 17:01
3 Minuti di Lettura

Nel caldo asfissiante di un sole rovente il suono profondo di una tammurriata ha accompagnato per l’ultima volta Marcello Colasurdo per le strade della sua Pomigliano d’Arco. Il corteo funebre del poeta della tammorra, scomparso avant’ieri a 68 anni, è partito alle tre del pomeriggio di ieri dal palazzo dove si trova il piccolo alloggio in cui viveva l’artista, nelle case popolari di via Sulmona. La gente più semplice e povera ha voluto rendere omaggio a Colasurdo. Donne, uomini, bambini intonavano una tammurriata, mentre alcuni amici del cantante portavano la bara. 

Quindi l’arrivo della salma nella chiesa madre di San Felice. Nella folla si potevano distinguere gli ex sindaci di Pomigliano, Michele Caiazzo e Antonio Della Ratta, l’ex presidente della provincia di Napoli, Dino Di Palma, il deputato dei Verdi Francesco Emilio Borrelli, Oreste Scalzone, il fotografo Luciano Ferrara, e, soprattutto, tanti musicisti passati, come lui, per le fila degli Zezi, a partire dal «professore» Angelo De Falco, e poi Fausta Vetere della Nccp, Eugenio Bennato, Daniele Sepe, Enzo Gragnaniello, Gennaro Tesone degli Almamegretta, Sacha Ricci dei 99 Posse, Carlo Faiello, Maurizio Capone, Salvio Vassallo, Enzo Lagatta, e tutto il popolo delle paranze, storiche e giovanili.

Il sindaco di Pomigliano, Raffaele Russo, non c’era. Al suo posto, fascia tricolore al petto, il vicesindaco, Domenico Leone, accompagnato dall’assessore alla cultura, Giovanni Russo. Ma c’erano i sindaci di Mercogliano e Ospedaletto d’Alpinolo, Vittorio D’Alessio e Antonio Saggese, luoghi cari a Colasurdo che ogni anno guidava le paranze per le celebrazioni di Mamma Schiavona, nel santuario di Montevergine. 

 

Anche il funerale si è trasformato in una festa di popolo con una serie di tammurriate cantate da cori spontanei che hanno fatto da colonna sonora alla liturgia funebre, culminata, inevitabilmente, con il canto di «Vesuvio». «Marcello era soprattutto un uomo buono, molto amato», l’omelia del parroco Leonardo Falco. Da don Peppino Gambardella, che è sempre stato vicino a lui, una lettera, segnata da un applauso per il prete delle battaglie operaie ed ex parroco di San Felice mandato in pensione qualche mese fa in un paesino del Nolano. «Con Marcello», le parole di don Peppino», abbiamo combattuto le ingiustizie.

Lui era la voce degli ultimi che subiscono le prepotenze». 

Video

«Marcello era il pomiglianese più famoso nel mondo. Qui ci voleva almeno il lutto cittadino ma non è stato così», si è rammaricato sul sagrato Daniele Sepe. E Federico Vacalebre, capo della redazione Cultura e Spettacoli de «Il Mattino», in una lucida commemorazione in cui ha ricordato anche la militanza a sinistra di Marcello, ha invitato il popolo di Pomigliano e delle paranze folk all’unione e «a far nascere presto un premio, un festival, un centro culturale che porti il nome di Marcello». Colombe bianche, tammorre, qualche pugno chiuso e «Bella ciao» per ultimo saluto. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA